Economia

Tutti i prelievi sulle pensioni. Ecco quanto si perde davvero

Dallo scippo col sistema delle rivalutazioni fino alle trattenute fiscali: tutti i calcoli sugli assegni. Ecco chi ci perde

Tutti i prelievi sulle pensioni. Ecco quanto si perde davvero

Le pensioni sono, come è noto, il bancomat preferito dello Stato. Quando ci sono problemi di cassa, i vari governi, in tutti questi anni, hanno messo le mani nelle tasche dei pensionati con svariati interventi che vanno dal prelievo diretto al ricalcolo delle prestazioni previdenziali. Per capire meglio il flusso di liquidità che arriva ogni mese nelle tasche dei pensionati bisogna fare i conti con i continui "scippi" che deve subire chi percepisce il rateo previdenziale. Partiamo subito dal sistema di calcolo legato alle rivalutazioni.

Il sistema delle rivalutazioni

Fino a un paio di anni fa il prelievo mascherato con la rivalutazione aveva questa tabella di marcia: per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione era del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo.

Poi con una piccola modifica la rivalutazione piena è stata estesa fino a 4 volte il minimo e, salvo sorprese, dall'1 gennaio del 2022 dovrebbe tornare il sistema premiante con questi valori: al 100%, fino alla quota di quattro volte il trattamento minimo; il secondo, al 90%, per la quota da quattro a cinque volte il trattamento minimo; il terzo, al 75%, per la quota sopra cinque volte il trattamento minimo. La mutazione della rivalutazione con il ricalcolo di fatto comporta un ammanco nelle tasche dei pensionati che va avanti da diversi anni. Il sistema "bloccato" ha comportato una perdita media di circa 1.000 euro l'anno, colpendo di fatto gli assegni di importo medio-alto.

Il prelievo sulle pensioni alte

A questo quadro poi va aggiunto il prelievo che viene effettuato sulle pensioni alte, definite "d'oro". Uno scippo voluto dai 5 Stelle che di fatto avrebbe avuto un orizzonte di vita di ben 5 anni, poi ridotto a 3 nell'ultima legge di bilancio. E in questo caso la mazzata sugli assegni non è indifferente: la misura stabilisce un prelievo di "solidarietà" per le pensioni che eccedono la soglia dei 100 mila euro, facendo salvo il trattamento minimo di 100mila euro annui lordi.

Per comprendere bene la portata di questo taglio occorre volgere lo sguardo sulle vere cifre del prelievo: i tagli annuali oscillano tra i 1.500 euro per chi percepisce un reddito da pensione di quasi 110mila euro all'anno e i 7mila euro per chi invece ne percepisce 140mila euro lordi l'anno. Su questi due binari dunque si articola l'azione di "prelievo" più consistente sugli assegni. Ma attenzione: c'è altro.


La botta anticipo sull'assegno

Infatti bisogna ricordare gli "scippi" secondari che vengono apportati sugli assegni per chi sceglie di andare via usando gli strumenti a disposizione per l'uscita anticipata. Con Quota 100 ad esempio può significare perdere dal 5,6%, nel caso in cui l'uscita dal lavoro si anticipi di un anno, fino al 34,7% in caso di uscita 6 anni prima. Cifre queste che rendono bene l'idea di quanto possa cambiare l'importo della pensione con un'uscita anticipata rispetto allo sbocco "naturale" (si fa per dire) della Fornero che prevede l'addio al lavoro a 67 anni. In questo quadro di prelievi e di ricalcoli sugli assegni bisogna anche ricordare altre due variabili: i conguagli in negativo sul tasso di rivalutazione e le imposte.


La mazzata Irpef

Sul fronte Irpef ad esempio (a parte la no tax area da 0 a 8.124 euro) si ha un prelievo diretto del 23 per cento nella fascia che va da 8.126 euro a 15.000 euro, del 27 per cento nella parte eccedente i 15mila euro per la fascia tra i 15.001 euro e i 28.000 euro, per arrivare poi alla trattenuta massima che si aggira intorno al 43% per cento per la parte eccedente i 75mila euro per tutti gli assegni che superano appunto quota 75mila euro su base annuale. Infine in questo contesto vanno sottolineate anche i prelievi con le addizionali comunali e regionali che possono andare dall'1,73 per cento di Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, passando per l'1,50 della Sicilia e toccando il 2,03 per cento della Campania. Insomma il cedolino della pensione va letto con estrema attenzione. Tra le pieghe delle cifre infatti si nasconde il solito salasso pagato da milioni di pensionati ormai sempre più provati da un potere di acquisto che si riduce anno per anno..

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