Economia

Unicredit a carte coperte fino al piano

Nei nove mesi utili a 1,8 miliardi. L'ad Mustier: «Nessuna pressione sulla gestione»

Camilla Conti

Il referendum costituzionale del 4 dicembre, in casa. E ora anche l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, con le attese dei mercati per le mosse del nuovo presidente Usa e della sua futura squadra di governo. La sfida di Unicredit, che il 13 dicembre varerà il suo nuovo piano di rilancio messo in cantiere da Jean Pierre Mustier, si fa sempre più ambiziosa. Perché il contesto in cui lanciare un aumento di capitale miliardario (subito dopo quello che verrà chiesto al mercato da Monte Paschi) e concludere con incassi soddisfacenti la cessione di Pioneer e della polacca Pekao, è al momento imprevedibile.

Ai piani alti del grattacielo di piazza Gae Aulenti il riserbo è assoluto. Il nuovo ad ieri ha presentato i conti in una conferenza telefonica agli analisti. Attenendosi rigidamente ai numeri e senza lasciar filtrare anticipazioni sul nuovo piano industriale. Massimo riserbo anche su eventuali cambi al governo societario, dopo le voci circolate nelle scorse settimane su mal di pancia di alcuni soci e sulla riduzione del numero di consiglieri con l'uscita di nomi di peso. «Avremo un punto specifico nell'investor day del 13 dicembre, dove daremo una spiegazione su quella che sarà l'evoluzione della governance nel gruppo». Mustier ha comunque sottolineato di gestire la banca «senza interferenze e con una buona relazione con il cda».

Anche per conoscere l'importo dell'aumento di capitale atteso per i primi mesi del prossimo anno (le stime più ottimistiche parlano di 5 miliardi ma potrebbero essere molti di più) si dovrà attendere il 13 dicembre, quando il gruppo comunicherà il livello adeguato degli indici patrimoniali: «L'idea è che dobbiamo avere un discreto buffer sopra il minimo regolamentare», ha detto ieri il banchiere francese. Quanto ai primi risultati dell'era Mustier (arrivato al timone alla fine di giugno), il terzo trimestre è stato archiviato con un utile netto di 447 milioni, in calo dell'11,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il risultato è leggermente inferiore al consensus degli analisti, che stimava un risultato netto di 467 milioni. Nei primi nove mesi dell'anno gli utili sono invece saliti del 14,7% a 1,77 miliardi. In calo del 4,2% a 9,8 miliardi i costi operativi, per un rapporto cost/income sceso al 57,5%. I crediti deteriorati netti sono scesi dell'8% annuo a 36,4 miliardi nel terzo trimestre e le sofferenze sono rimaste stabili a 19,6 miliardi.

Intanto, è attesa per fine mese la scadenza per le offerte vincolanti su Pioneer. Per l'asset management che ha duemila dipendenti in 28 Paesi e un patrimonio gestito di circa 225,8 miliardi, si sono fatti avanti in cinque. Della lista fanno parte Ameriprise (attraverso la controllata in Uk Threadneedle), la francese Amundi, gli australiani di Macquarie e gli inglese di Aberdeen. L'unica italiana in pista è Poste in sinergia con Cdp e Anima. Una volta aperte le buste si entrerà nella fase calda con la valutazione e la decisione di trattare in esclusiva o meno. Bocche cucite sul prezzo e sulla stessa presentazione delle offerte.

L'obiettivo di Mustier sarebbe comunque quello di arrivare al piano con in tasca anche la vendita del 33% di Bank Pekao al centro delle trattative con Pzu e il fondo statale Pfr.

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