Vicenza, Zonin va alla sbarra tra tribunale e Commissione

L'ex presidente oggi in audizione dovrà chiarire anche le relazioni con Bankitalia. Che per i giudici è parte lesa

Gianni Zonin, ex presidente della Popolare di Vicenza
Gianni Zonin, ex presidente della Popolare di Vicenza

Gianni Zonin va alla sbarra. Prima a Roma nell'aula al quarto piano di Palazzo San Macuto dove oggi pomeriggio sfilerà davanti alla Commissione di inchiesta sulle banche. E poi nell'aula C del tribunale di Vicenza, dove ieri si aperto il maxi-processo agli ex vertici della Popolare vicentina, il cui dissesto ha azzerato il patrimonio di 120mila azionisti.

L'ex presidente ha ripetuto durante gli interrogatori in Procura che molte operazioni, come i cosiddetti prestiti «baciati», sono state decise dalla direzione generale della banca senza informare né lui né il cda. Davanti al plotone di senatori e deputati, Zonin potrebbe però chiarire in base a quali criteri veniva fissato il prezzo delle azioni che ad aprile 2015 valevano ancora 48 euro dopo una svalutazione del 23% dai 62,5 euro precedenti, un valore lontanissimo dai 10 centesimi pagati dal fondo Atlante al momento del primo salvataggio. Dovrebbe anche fornire una spiegazione convincente del perfetto tempismo con cui le quote delle sue aziende vinicole sono passate ai figli all'inizio del 2016, quando era già indagato e quando la banca stava arrancando sempre più. È stata una mossa a tavolino per evitare sequestri? E ancora: esisteva un sistema di relazioni che lo ha protetto, sviando i controlli? Quale era l'obiettivo dell'assunzione di una piccola pattuglia di ex funzionari di Bankitalia (almeno 8) al vertice della banca? Ci sono stati interventi da parte della politica per una fusione con Etruria?

Le responsabilità della Vigilanza guidata da Ignazio Visco saranno al centro degli interventi in Commissione (ieri sul tema è stato incalzato il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo che ha escluso pressioni per le nozze fra Arezzo e Vicenza). In tribunale, invece, la questione non si pone. Il gip avrebbe, infatti, già accettato la richiesta di costituirsi parte civile presentata ieri da Bankitalia alla prima udienza del processo che si apre dopo due anni di indagini portate avanti dai pm Pipeschi e Salvadori, che a ottobre hanno chiesto il rinvio a giudizio per Zonin e altri sei ex dirigenti della BpVi, tra cui l'ex direttore generale, Samuele Sorato. Tre le ipotesi di reato: ostacolo alla vigilanza - Bankitalia e Consob -, aggiotaggio e falso in prospetto. In sostanza, per la Procura tra le vittime del management della Vicenza c'è anche via Nazionale.

Intanto sono circa 130 gli avvocati comparsi ieri mattina in rappresentanza di quasi quattromila persone. Nei prossimi giorni sono attese nuove parti civili - che potrebbero superare le 15mila se si considera che un unico avvocato da solo ne rappresenta 9.500. Per il momento compare come parte offesa la Bce, ma non è escluso che nei prossimi giorni la Vigilanza Ue segua la strada di Bankitalia. Presumibilmente ci vorrà almeno un mese per vagliare tutte le richieste, perciò il processo entrerà nel vivo solo a gennaio.

«Il dottor Zonin sente il dispiacere per questa vicenda ma una cosa è il dispiacere, un'altra sono le responsabilità penali e quelle le dovrà accertare il tribunale. Ha dedicato 20 anni a questa banca e qui ha investito lui e tutta la sua famiglia. Quindi è un grandissimo dolore anche per lui», ha detto ieri l'avvocato Enrico Ambrosetti, difensore di Zonin insieme a Nerio Diodà (lo stesso che difese Mario Chiesa all'epoca di Tangentopoli). Difficilmente l'ex patron della banca berica sarà presente a queste prime udienze davanti al tribunale di Vicenza.

Il rinvio chiesto da Zonin a Casini che ha anticipato a oggi pomeriggio la sua audizione (inizialmente

prevista per venerdì), è stato infatti accettato soprattutto per il legittimo impedimento dei suoi legali che saranno al suo fianco in Commissione e dovranno partecipare alla terza udienza davanti al giudice di Vicenza venerdì.

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