Elkann, c’era una volta il «ragazzino» Yaki

di Pierluigi Bonora

Il duro scontro con Diego Della Valle sui futuri assetti di governance della Rcs ha probabilmente sdoganato, una volta per tutte, il nuovo volto di John «Yaki» Elkann, presidente della Fiat, di Exor, dell’accomandita e punto di riferimento dell’impero Agnelli. «Il ragazzino», secondo il patron della Tod’s, è in realtà il consigliere d’amministrazione anziano della Fiat, essendo entrato nel board nel dicembre del 1997, a soli 22 anni. E questo a dispetto delle 36 candeline spente il primo aprile e dei tre figli avuti da Lavinia Borromeo: Leone, Oceano e Vita, nata il 23 gennaio scorso. Elkann ha già dimostrato di aver smesso da tempo gli abiti di timido rampollo e nipote d’arte (a portarlo sulla plancia di comando era stato il nonno Gianni Agnelli), insediato al vertice della più importante azienda del Paese solo per tradizioni di casato. Da quando ha preso in mano le redini della galassia torinese e gli è stato tolto ogni sorta di paracadute (i «tutor» che lo hanno affiancato Gianluigi Gabetti e Luca di Montezemolo), ha portato a termine una serie di operazioni che, di fatto, hanno cambiato i vecchi equilibri del gruppo. Ha messo in atto, cioè, quello che per anni aveva sentito sussurrare e ipotizzare nelle riunioni di famiglia e nei consigli di amministrazione: la fusione delle casseforti Ifi e Ifil con la conseguente nascita di Exor, a cui è seguito l’appoggio convinto allo scorporo da Fiat dei camion (Iveco) e dei trattori (Cnh). E il «colpo» americano sfociato con il blitz sulla Chrysler, grazie al quale il gruppo ha cambiato pelle, assumendo dal 2011 una rilevanza globale. Elkann, nella scelta del partner con il quale condividere il futuro del Lingotto, ha dimostrato, in un certo senso, di aver più fiuto e più coraggio del nonno. Il matrimonio con la Chrysler, portato a compimento a tempo di record con il fondamentale apporto di Sergio Marchionne, è lì da vedere, e c’è da chiedersi cosa sarebbe ora la Fiat senza il redditizio braccio americano. Da stratega, intanto, il «ragazzino» ha dimostrato in questi giorni di sapersi muovere abilmente e senza timori riverenziali anche nei salotti dell’alta finanza e anche nel difficile ambiente dell’amata Juve («i bianconeri sono dei leoni, voglio scudetto e Coppa Italia»). Insomma, John è cambiato, come la Fiat che presiede, e ha preso soprattutto coraggio, lo stesso che nelle scorse settimane - come ha raccontato alla Gazzetta Giovanni Soldini - lo ha spinto a tuffarsi nelle acque dell’Atlantico, a 70 miglia da New York, per raggiungere un peschereccio poco distante, e farsi accompagnare sulla terra ferma dopo che la Maserati da regata era rimasta bloccata dalla bonaccia. «Avessi dovuto buttarmi in acqua io - ha confessato lo skipper - non avrei fatto salti di goia. Poco prima avevamo avvistato uno squalo». Della Valle, forse, non si aspettava un tipo così tosto e probabilmente, non senza sorpresa, ha già messo in conto una battaglia dal finale ancora incerto. Se il patron della Tod’s è un imprenditore di successo nel campo del lusso, il cui business spazia anche nell’editoria, lo stesso vale per Elkann che, dal nonno (come dal papà Alain), ha ereditato pure la passione per i media. Insieme alla presidenza di Itedi e del quotidiano La Stampa, nonché al ruolo - come Fiat - di azionista di peso nel patto di sindacato che governa il Corriere della sera, Elkann ha aggiunto da poco un importante tassello: quello di azionista de L’Economist, su invito di alcune famiglie anglosassoni che editano il settimanale di politica ed economia.
Un curriculum di tutto rispetto per il «ragazzino» di casa Agnelli che, nell’incontro decisivo del 2004 a Ginevra per convincere Marchionne a sobbarcarsi il salvataggio e l’auspicato rilancio della Fiat, ha dovuto dividere con il futuro amministratore delegato del Lingotto non poche sigarette e buttar giù qualche bicchierino di grappa.

Lui, non fumatore e per nulla incline a esagerare con gli «ammazzacaffè». Di certo, nel momento in cui l’altro giorno ha fatto imbufalire Della Valle, John ha dimostrato di essersi smarcato anche dal suo ex tutor Montezemolo, che di Diego è socio e fraterno amico.

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