L’Italia chiede con forza la «fine di ogni violenza» sui manifestanti in Libia. Si schiera a sostegno del «vento di democrazia » come lo ha chiamato ieri il premier Berlusconi, dei «giovani che vogliono essere liberi», armati di «coraggio e di Internet», con un’attenzione, però, «al dopo», al rischio di un utilizzo estremista del «vento» di libertà. «Siamo tutti molto preoccupati», ha detto il presidente commentando la crisi libica: «C’è attenzione affinché non ci siano violenze ingiustificate e derive che recepiscano» spinte «antioccidentali del fondamentalismo islamico».
Il governo osserva l’evolversi della situazione in coordinamento con Europa e Stati Uniti: «Tutta la notte abbiamo continuato a restare in contatto con gli altri leader europei e americani».
La direzione della rivoluzione libica non è prevedibile, come la dimensione del possibile esodo verso le coste italiane. Per questo l’Italia ora chiama ufficialmente in causa l’Europa. E non lo fa da sola. Oggi a Bruxelles si riunisce il consiglio dei ministri dell’Interno europei. Ma ieri Maroni ha convocato nella Capitale gli omologhi di Francia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta. I sei Paesi del Mediterraneo hanno trovato un accordo sorprendente, da portare insieme a Bruxelles: in un documento comune lanciano l’allarme sulla grande fuga dei 300mila profughi potenziali secondo le stime non solo italiane, ma della Lega Araba.
E chiedono «un fondo speciale per l’emergenza » e «una nuova legislazione», una solidarietà di tutti e 27 i Paesi, in materia di asilo. La posizione dell’Italia sarà quindi una proposta compatta a sei voci.
La gestione dei rifugiati deve essere europea.
Una riunione «imprescindibile», hanno definito i sei ospiti di Maroni il vertice di ieri. Nessuna differenza politica, un’unica visione dell’emergenza. Così si sono mostrati tutti in conferenza stampa nell’elegante villa secentesca al centro del parco romano. Era stato questo, per coincidenza, il luogo dove Gheddafi aveva montato la sua tenda nell’ultimo soggiorno a Roma. «Prima di tutto esprimiamo solidarietà all’Italia, che ha una situazione difficile in questo momento- ha dichiarato il ministro dell’Interno spagnolo Alfredo Perez Rubalcaba - Vogliamo che questa espressione di solidarietà vada al di là della retorica politica ».
L’Europa,hanno scrittoi sei nel comunicato congiunto, «non può permettersi di restare priva di iniziativa di fronte alla crisi di una regione vitale per il suo futuro». Dalla riunione è emersa la comune «richiesta - ha spiegato Maroni- di realizzare in spirito di solidarietà un sistema europeo di asilo comune e sostenibile», da attuare anche attraverso la «condivisione degli oneri derivanti dall’accoglienza»di una possibile «ondata gigantesca di profughi ».
Il gelo della Ue. Il presidente della commissione europea, Josè Manuel Barroso, ha aperto agli aiuti: «Dobbiamo risolvere il problema in modo europeo. Possiamo mobilitare risorse d’urgenza». Ma il problema non sono solo i soldi, quanto la distribuzione delle decine di migliaia di profughi diretti in Europa e in prima battuta in Italia. Da Bruxelles è arrivato un commento che non lascia presagire nulla di buono: le norme europee, ha precisato Michele Cercone, il portavoce di Cecilia Malmstrom, commissaria per gli Affari interni, non prevedono un «meccanismo di redistribuzione » tra gli Stati membri dei migranti che chiedono asilo: «la solidarietà è solo su base volontaria ».
Da Roma il ministro dell’Interno cipriota, Neoklis Sylikiotis, ha precisato che a ottobre la Ue condusse uno studio proprio sui profughi, e si ipotizzò una distribuzione dei richiedenti asilo. La base legislativa, insomma, «esiste già».
Allertate tutte le regioni italiane .
Sono circa 2 milioni e mezzo i cittadini africani che si trovano, spesso illegalmente, in Libia, e si calcola che «almeno il 10- 15%- ha illustrato il titolare del Viminale - potrebbe approfittare della situazione per immigrare clandestinamente in Europa». L’Italia si sta attrezzando per «l’emergenza », il «primo soccorso», ma oltre non può andare: «nessuno Stato ce la farebbe». Torna in campo la Protezione Civile, allertata con un’«ordinanza di emergenza umanitaria»: «Ho fatto fare una ricognizione in tutte le regioni ai prefetti, per cercare strutture idonee all’ospitalità ».
Da edifici dismessi fino a alberghi e caserme. Meno diplomatico il leader leghista Umberto Bossi. Per il Senatur il trattato di amicizia Italia- Libia non deve essere rescisso per forza, «non esageriamo »,ha fatto sapere.L’Europa a suo parere «interverrà, interverrà ». E se la Ue non dovesse aiutare l’Italia, «poi non si lamentino se gli immigrati poi vanno da tutte le parti in Europa... ».
6300 tunisini sbarcati in questi giorni. Sono tutti di nazionalità tunisina i clandestini sbarcati a Lampedusa. Molti sono «evasi da carceri tunisine - ha informato Maroni - li abbiamo tutti identificati». Solo in cento hanno chiesto asilo. Gli altri 6200 «saranno rimpatriati ».
Per accelerare le procedure, si sta progettando la rinegoziazione dell’accordo con la Tunisia.
Italiani rimpatriati via mare.
Sono ancora un migliaio gli italiani in territorio libico. Il ministro Franco Frattini ha chiarito in un’audizione al Senato che «la situazione più delicata è quella nelle regioni orientali del Paese». A Bengasi l’aeroporto è chiuso, come quello di Misurata. Lì ci sono «circa 180 italiani in attesa di partire». Per questo la Difesa ha inviato una nave, oltre ad attrezzare il primo C 130. Si sta organizzando il rientro di un gruppo di 50 turisti dal deserto. Da domenica sono stati riportati in Italia 650 connazionali, più 150 impiegati Eni.
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