Emiliano (o «l’Unità»?) cade sul grido di battaglia del Che

Emiliano (o «l’Unità»?) cade sul grido di battaglia del Che

Forse con il caldo che fa a Bari in questi giorni Michele Emiliano (nella foto) è un po’ confuso. Forse all’Unità c’è un po’ di incertezza sui pilastri del comunismo e sull’ideologia di riferimento. O forse, semplicemente, dalla penna del titolista è scappata una parolina traditrice. Il beneficio del dubbio è il minimo. Ma di certo colpisce che proprio il giornale fondato da Antonio Gramsci sbagli a citare una delle frasi più celebri della storia della sinistra. L’Unità non può cadere su Che Guevara, è come se Il Secolo d’Italia scrivesse che Mussolini è nato a Canicattì.
Il quotidiano diretto da Concita De Gregorio ieri dedicava due intere pagine ai quattro candidati pugliesi alla segreteria regionale del Pd. I «quattro moschettieri senza macchia», come titola il giornale comunista, sono: Sergio Blasi per la mozione Bersani, Guglielmo Minervini per Franceschini, Enrico Fusco per Marino e il sindaco di Bari, Michele Emiliano, per sé medesimo. Ognuno dei contendenti ha meritato un ritratto, con fotografia, dati anagrafici, preferenze culturali, posizioni sui temi chiave del dibattito politico. E la citazione di una frase che riassuma la storia e gli ideali del candidato. Duro e puro, Emiliano ha scelto il Che, con una delle sue massime più celebri e agguerrite. Peccato che sia riportata in modo inesatto, stravolgendone completamente il senso. «L’unica battaglia che ho perso è quella che non ho avuto paura di combattere», declama Emiliano.

Mentre la frase corretta, che Guevara ha consegnato ai libri di storia è: «L’unica battaglia che ho perso è stata quella che ho avuto paura di combattere». Quel «non» in più non è certo un dettaglio. Meglio che Emiliano se lo segni, potrebbe servirgli al congresso del partito. E anche dopo. Le parole sono importanti. Anche gli avverbi.

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