da Roma
In politica si parla di apparentamenti e cosa cè di più attuale, adesso, nel dichiarare la propria affinità con qualcuno, cui ci sentiamo legati, parenti, se non di sangue, perlomeno di mente e di cuore?
È partita da tale intuizione, ieri, il primo incontro dellinteressante rassegna «Gli sguardi del cinema. Generazioni a confronto» (a cura di Paolo Luciani e Cristina Torelli dellOfficina Filmclub, presso il cinema Farnese Persol), che ha visto il novantenne regista Luciano Emmer (ancor oggi attivo) dibattere con Fausto Brizzi, giovane autore in ascesa, dopo la proiezione di Terza liceo, film emmeriano sceneggiato, tra gli altri, da Sergio Amidei e Vasco Pratolini, con Francesco Rosi aiuto regista. Scanzonato e disincantato luno, riguardoso e confidente laltro, i due cineasti, accomunati dai propri lavori di ambientazione scolastica, hanno ragionato sul tema della gioventù. «I miei liceali? Sco...no alla fine dei Cinquanta, come sco...no ora: nulla è cambiato e la scuola, per i miei, era soltanto un luogo dove andare per incontrarsi, stare insieme, baciarsi, programmare il pomeriggio», spiazza tutti Emmer, il cui film presenta le prime disillusioni duna classe mista, a ridosso della maturità (con il futuro regista Montaldo, nel ruolo dun prete e lattrice Ilaria Occhini nella parte duna studentessa ricca, amante dun compagno povero). «Toglimi una curiosità: tu, quanto hai guadagnato? Io ho avuto soltanto noie dal fisco, dopo Terza liceo, film che incassò molto, mentre io ne ricavai solamente cinquecentomila lire», dice il regista milanese, che ha diretto Domenica dagosto (1949), Parigi è sempre Parigi (1951) e Le ragazze di Piazza di Spagna (1951), a metà strada tra realismo e commedia romantica.
Alla sua uscita, Terza liceo ebbe problemi di censura. «I miei protagonisti si scambiano effusioni caste, ma allepoca qualcuno si offese, perché filmavo carezze e baci, nelle aule duna scuola. Impensabile, per gli anni Cinquanta! Io stesso, quandero al Liceo Berchet, rischiai dessere radiato da tutte le scuole del Regno, perché il preside maveva sorpreso, mentre abbracciavo una compagna», racconta il regista, nato nel 1918. «I compagni di scuola che descrivo io, invece, non si pongono proprio il problema di studiare per gli esami: cercano di barare e farla franca, copiando e passandosi bigliettini», osserva Fausto Brizzi, con un pizzico di timidezza nei confronti dellanziano maestro. «Già a ventanni studiavo al Centro Sperimentale, dove ho potuto ammirare Terza Liceo, per me fonte dispirazione, che ho rivisto anche a casa, sul computer. Ma in sala, è unaltra cosa!», riflette il regista romano, cantore duna certa svaporata gioventù.
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