Giuseppe de Bellis
da Milano
Non lo vogliono anche la gran parte degli ambientalisti. Eppure è una delle fonti alternative. Non lo vuole Nichi Vendola, neogovernatore di Rifondazione sempre alleato dei Verdi e teoricamente sensibile ai temi ambientali. A pochi mesi dal suo insediamento, ha bocciato lipotesi di costruzione di nuove centrali sul territorio pugliese, attirandosi le ire di una dozzina di giunte comunali. Non lo vuole la Sardegna, che ha detto no allinstallazione di altri mulini. Non lo vuole la Toscana.
Leolico non lo vuole praticamente nessuno: oggi è uno dei grandi flop, anche se ieri il Consiglio di Stato ha bocciato la decisione del Tar che, su esposto di Italia Nostra, aveva bloccato la costruzione di un impianto eolico proposto dal comune di Varese Ligure. Nella motivazione, in particolare il Consiglio di Stato ha affermato il principio che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili costituisce un impegno internazionale assunto dallo Stato Italiano per la lotta ai gas serra. La sentenza è stata apprezzata dal ministro per lAmbiente Altero Matteoli: «La battaglia contro l'eolico - ha dichiarato il ministro - anche se qualche ragione ce l'aveva per quanto riguarda la ricerca dei siti, è assurda per tutto il resto. Non ho mai criminalizzato coloro che si sono schierati contro questa fonte di energia. La riflessione è sull'individuazione dei siti. Ma abbandonare l'eolico non si può. Senza l'eolico l'obiettivo di Kyoto è più difficile».
Difficile mettere in pratica il protocollo di Kyoto. Praticamente impossibile per lItalia usare il vento come fonte denergia seria: non è adatta al nostro Paese. Lo sostiene una parte dei Verdi, che fa capo a Carlo Ripa di Meana. Lo sostiene anche uno studio di Oreste Rutigliani pubblicato all'interno del volume La Questione Eolica in Italia edito dal Comitato nazionale per il paesaggio con la collaborazione di Coldiretti. L'energia eolica è energia rinnovabile intermittente legata al carattere assai irregolare dei venti italiani. Ne consegue che, per non provocare il collasso di parte o dell'intero sistema elettrico nazionale, per non rischiare un black-out elettrico locale o nazionale, la potenza massima eolica collegabile alla rete elettrica nazionale italiana può essere di ottomila megawatt (e questo perché non si può superare il 15% della potenza di punta che in Italia nel 2003 ha raggiunto i 53.000 megawatt).
Sulla base di questo dato, Rutigliani ipotizza l'installazione complessiva in Italia di circa cinque-seimila nuove torri eoliche che si aggiungerebbero alle 1.200 già installate, per una potenza complessiva tra i cinque e gli ottomila megawatt. L'Italia, però, è un Paese poco ventoso. Su 8.760 ore annue quelle utilizzabili stanno tra le 1.800 e le 1.900, essendo le uniche adatte alla produzione elettrica vista la media nazionale di velocità del vento compresa tra quattro e 20-22 metri al secondo. Ne deriva che in Italia nell'ipotesi più ottimistica e improbabile di ottomila Megawatt eolici totali questi potrebbero produrre al massimo 15,2 miliardi di kilowattora, cioé circa il 4,8% del fabbisogno annuale italiano di energia elettrica e appena l'1,8% del consumo totale di energia in Italia. Percentuale - osserva Rutigliani - del tutto irrilevante poiché pari all'aumento dei consumi energetici di un solo anno.
Insomma, il gioco non vale la candela: troppo basso il potenziale risultato energetico a fronte di uno stravolgimento di vaste zone di territorio prezioso dal punto di vista paesagistico e ambientale. «È evidente - si legge nello studio - che non può essere questa la strategia d'impiego della fonti rinnovabili su larga scala ed è altrettanto evidente che la corsa all'eolico appare improvvisata e violenta.
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