Fabrizio Ravoni
da Roma
«Un momento e la mettiamo in contatto con il dottor Scaroni. Sentirà un bip bip elettronico, poi può parlare». Paolo Scaroni è «da qualche parte nel Mediterraneo». Come nella prima guerra del Golfo, quando gli inviati erano obbligati dallUs-Army a datare i loro servizi con «da qualche parte del deserto saudita».
Golfo, petrolio, gas e lamministratore delegato dellEni: limmagine si completa con laccordo fra lalgerina Sonatrach e la russa Gazprom. Le due aziende da sole forniscono il 60% del gas consumato in Europa. Forse questo dato, da solo, non basta per capire le conseguenze dellintesa. Come i cordoni ombelicali trasmettono energia al feto, lItalia, attraverso i cordoni ombelicali dei gasdotti, riceve da Gazprom e Sonatrach quasi il 70% del gas poi bruciato nelle centrali. E ancora: grazie allaumento del prezzo del petrolio (a cui quello del gas è agganciato) la Gazprom è diventata la seconda azienda al mondo per capitalizzazione di Borsa. Nel Duemila era quindici volte più piccola.
«Lavevo detto un anno fa... E lavevo anche detto in Parlamento, alla Camera, in commissione Attività produttive», osserva Scaroni. Come? «Sì, dico che quellaccordo era un fatto naturale e perfettamente comprensibile nella logica del business dei due colossi». E non sè fatto nulla? «Purtroppo sè fatto poco o nulla a livello europeo». Lanalisi dellamministratore delegato dellEni è preoccupata. «Può metterlo tra vigolette. Nel breve termine non mi aspetto grandi ripercussioni. Nel medio-lungo periodo qualcosa ci potrà essere». E spiega che intese di questo tipo non rispondono a logiche di prezzi o di volumi di gas trasferiti. Ma, vista la presenza comune sul mercato europeo, finiranno per rispondere a logiche di profitti delle imprese coinvolte. Insomma, finiremo per trasferire sempre maggiori risorse a queste due società.
«Ecco i frutti della liberalizzazione forzata...». Prego? «È necessario un forte ripensamento delle politiche di liberalizzazione del mercato dellenergia volute a livello europeo. La scelta di Bruxelles di spezzettare la domanda, pur di liberalizzare il mercato, ha creato una miriade di piccoli acquirenti di energia, che non hanno peso contrattuale con colossi come Gazprom e Sonatrach. Ora che le due società hanno fatto questaccordo saranno ancora più forti. E il peso degli acquirenti europei minore». E cita un esempio: lEni ha aumentato di 3 miliardi di metri cubi di gas la quantità che passa per il gasdotto Tag. Questi 3 miliardi sono stati venduti a 149 aziende. Ora questi micro-acquirenti devono andare a negoziare i prezzi con Gazprom.
Una presa di posizione che innesca dubbi di partigianeria.
«Macché partigianeria. LEni si è già adeguata alla liberalizzazione. Certo, da noi è stata maggiore di quella operata da Gaz de France o dalla Ruhr energie tedesca. Ma tantè...».
Nella sostanza, dal quadro di Scaroni emerge una fotografia che vede le compagnie petrolifere ed energetiche bloccate nelle aggregazioni, anzi costrette a ridurre le dimensioni per rispettare le varie direttive europee sulla liberalizzazione. Dallaltra, fuori dallEuropa, i grandi gruppi si aggregano. Unasimmetria tutta imposta dallautorità politica. «Spetta ora alla politica scendere in campo - aggiunge Scaroni -: Tremonti sul Sole 24 Ore fotografa una situazione reale quando parla di un cartello energetico che circonda e rappresenta un rischio potenziale per lEuropa. Per queste ragioni, è necessario costituire al più presto a livello europeo un tavolo di negoziato per lapprovvigionamento del gas. Da questo tavolo deve emergere un ripensamento totale delle politiche energetiche seguite finora». Insomma è solo con il peso politico, utilizzato a tutto tondo, che lEuropa può reggere un cartello come quello Gazprom-Sonatrch. Ma la politica viaggia sulle gambe degli uomini. E il commissario lettone allEnergia non ha ancora risposto alle lettere del ministro Pierluigi Bersani. Nessuno ne parla, ma è probabile che largomento entri presto nellagenda di Barroso proprio per le dimensioni del caso. Ma se i problemi dellaccordo Sonatrach-Gazprom si manifesteranno nel medio-lungo periodo, cè tempo per gli investimenti per ridurre la dipendenza. La risposta del governo è rappresentata dai rigassificatori. In Spagna ne funzionano 4 e ce ne sono altri tre in costruzione. Tra un anno, Madrid potrà staccare il gasdotto che la collega allAlgeria. «I rigassificatori sono la risposta giusta. Ma li devono realizzare le imprese che riescono a fornire tutti gli impianti. Il rigassificatore da solo non basta. Servono le navi che portano il gas, gli impianti per degassificare. Insomma, tutta la filiera». Ma nemmeno i rigassificatori sono sufficienti. Per Scaroni è necessario diversificare le fonti di approvvigionamento. Deve essere rivalutato il carbone e bisogna far partire le centrali elettriche di Civitavecchia e Porto Tolle: «Eppoi - dice - occorre ripensare al nucleare. I tempi sono maturi».
E se ne torna «da qualche parte nel Mediterraneo».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.