Stamina Zero colpevole di realismo: quando il disegno umano sembra un crimine

Non vediamo più le cose per come sono, piuttosto per come potrebbero essere state generate

Stamina Zero colpevole di realismo: quando il disegno umano sembra un crimine
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Ormai, per me, funziona così: se qualcosa, un video, un’immagine, che vediamo su un social ci sembra troppo fatta bene, dev’essere finta. Se invece è palesemente finta, dev’esserci comunque qualcuno dietro che ci vuole ingannare, in fondo è fatta così male che forse è vera.

Quindi cominciamo a pensare: magari è stata fatta dall’intelligenza artificiale, però a questo punto chissà, magari è stata fatta davvero da qualcuno.

Il sospetto è diventato un filtro applicato alla realtà: non vediamo più le cose per come sono, piuttosto per come potrebbero essere state generate (anche perché basta un prompt per creare qualsiasi stramberia passi nella testa di chiunque). Fin qui niente di nuovo, ci stiamo abituando (se bene o male è un altro discorso, io direi male).

Tra l’altro è successo in questi giorni con Little Droid, un videogioco innocente pubblicato da uno studio altrettanto innocente (si chiamano Stamina Zero, il nome è già un disclaimer emotivo), pubblicano il trailer sul canale ufficiale PlayStation e sembrerebbe un successo. Sentite però che succede: la copertina, disegnata da un’artista vera, viene immediatamente accusata di essere generata con l’AI. Non per quello che è, per come sembra, troppo lucida troppo simmetrica, quasi che il vero problema fosse la qualità: se è troppo levigato, non è umano (a proposito vi ricordo che esistono decine e decine di iperrealisti cinesi che vi dipingono una foto molto più realisticamente di una foto, artisticamente però contano poco).

Comunque scoppia un putiferio, una shitstorm, una tempesta in un bicchiere d’acqua che chissà se è fatta con l’AI o meno, e gli sviluppatori si difendono: producono bozzetti, layer di Photoshop, file .psd come se dovessero presentarsi a un processo dell’Aia, e tutto questo non serve a niente. Oggi se vuoi essere creduto devi fornire non solo la prova, ma anche la registrazione della prova, e possibilmente un video con la tua mano inquadrata mentre disegni, sebbene poi qualcuno potrà sempre dire che quella mano era CGI.

Nel frattempo se pubblichi davvero qualcosa generato con l’AI, come la voce finta di Darth Vader in Fortnite, nessuno si scandalizza, perché è dichiarato, perché ce lo aspettiamo, perché l’intelligenza artificiale ci inquieta solo quando ci sembra vera, e ci fa dubitare della realtà quando è troppo ben fatta e quando vuole spacciarsi per realtà.

Insomma, un bel circuito: le cose fatte da umani vengono sospettate di essere AI; le cose fatte con l’AI vengono normalizzate come se fossero opera umana; e nel dubbio, il vero è colpevole, il falso è perdonato.

Tra poco non sapremo più distinguere cosa è fatto da chi, né saremo capaci di ricordare cosa abbiamo scritto (l’ha scritto l’AI) né cosa abbiamo letto (l’ha letto l’AI). Al riguardo è stato fatto anche uno studio, di cui ho scritto qui: ( https://www.ilgiornale.it/news/attualit/ai-debito-cognitivo-delle-nuove-generazioni-2498432.html ).

Mi fa riflettere non tanto il discorso autentico vs non autentico dal punto di vista artistico (questione superata già dalle prime avanguardie storiche), quanto dall’uso quotidiano alla portata di tutti, sia dalla parte di crea contenuti sia da parte di chi li fruisce. A ogni livello. Quel politico, quel cantante, quell’attore, quel signore, ha davvero detto quella cosa o meno? Dai, sembra troppo vero, deve essere per forza AI. Macché, se vedi è un po’ sgranato, secondo me è vero. Ormai anche quando giriamo un reel a un amico ci sentiamo rispondere: “guarda che è AI!”, come dire: ci sei cascato. Eppure avevi controllato, ti sembrava di aver controllato. Che sia AI o non sia AI in un videogioco, tornando alla questione di cui sopra, mi sembra irrilevante, anzi: tutta pubblicità per Stamina Zero. Soprattutto per la ragione che i videogiochi usano l’AI da anni. Il resto, che impatta sulla realtà, sulla nostra percezione della realtà, sul fatto che tutto diventa un meme forse vero forse no, è più inquietante, in quanto supera la soglia del gioco, e tra nazioni ci si fa la guerra anche così, falsificando il vero su temi importanti.

Infine, io stesso, lo ammetto, a volte non supero il codice CAPTCHA, avete presente quando il computer vi chiede di selezionare tutti i semafori in una griglia di foto? Clicco “non sono un robot” e me ne propone

un altro da superare. Per un attimo mi scorre un brivido lungo la schiena: vuoi vedere che sono un robot? Non come paura, sarebbe la mia speranza: come robot avrei molti meno problemi mentali e infiniti pezzi di ricambio.

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