Fiore all'occhiello della Ligurpress, una casa editrice con 90 titoli su tematiche storico-culturali del Nord-Ovest, sono due libri di cucina di Laura Rangoni: «Profumi e sapori di Liguria» con 409 ricette, «Stoccafisso e Baccalà» con 250.
Laura, ricercatrice di antiche ricette, dell'uso di erbe officinali, insegnante di Storia dell'Alimentazione negli Istituti Alberghieri, ha scritto una cinquantina di testi (www.laurarangoni.com; www.laura-cooking.com).
Immergiamoci subito nel primo. Nella prefazione ci racconta come la cucina ligure sia «contadina e montana con scarso impiego di grassi animali, largo uso di piante aromatiche, diffusione di carne bianca, noci, castagne, funghi». Il pesce non manca anche se non così impiegato come si crede e alcune preparazioni sfruttano i meno pregiati: «stoccafisso, pesce dei poveri (una volta!), borghe, gronghi, sgombri, acciughe».
Io, golosa di dolci per una tradizione di cucina viennese (che poi vuol dire Praga da cui venivano i grandi cuochi), mi sono soffermata sulla «Torta casalinga tipo Panarello», la cui ricetta, brevettata, non si può avere uguale, ma com'è descritta promette assai: provarla è un «must».
Il viaggio nei dolci raccontati da Laura è tra luoghi e sapori cari: Amaretti di Gavenola, Canestrelli di Bugnato che differiscono da quelli di Taggia per le dosi degli ingredienti (i primi arricchiti di miele); Castagnole di Ventimiglia, Ciavai di Chiavari, Figalini di Arnasco...
L'autrice ci avverte che la cucina ligure rivela influenze di altri Paesi; ogni navigante che nei secoli è passato da Genova ha lasciato qualcosa della sua tradizione, subito genovesizzata. La prescinseua ricorda lo yogurt di piatti arabi, l'aggiada (aglio, mollica, aceto e bianco secco), un piatto siciliano, la farinata il Libano.
Di schietta tradizione il «Coniglio al Rossese di Dolceacqua» che fa assaporare uno dei migliori vini liguri e un piatto, «Il Paciugo», ci riporta alla leggenda, alle statue lignee di Coronata, al detto: «Passou o monte de Portofin, te saluto moggê che son fantin». Ancora: preboggion, zimino, boraggine, olive, pinoli, noci, tutto un ghiotto valzer. Chi è fedele all'antica povertà ha Pancotto, Latte dolce fritto.
Stoccafisso e Baccalà ci racconta della necessità per i pescatori di conservare il pescato: stoccafisso, «stockfish», significa «pesce legno». Pare che già nel 1200 i pescatori baschi si siano spinti a nord per i merluzzi, facili da catturare nella stagione degli amori. In proposito una sorpresa della natura: un gran party tra merluzzi americani e europei che vanno ad Islanda e Groenlandia per accoppiarsi con partners dal Labrador e Terranova. Pescaggi eccezionali, anche di 30milioni di capi l'anno.
Dopo la colta digressione Laura osserva che «Il merluzzo è come il maiale» e nulla si butta: testa e pinne danno la colla di pesce, le interiora servono per fertilizzanti, dal fegato viene l'olio di merluzzo, un tempo il ricostituente ipervitaminico più diffuso.
La differenza tra stoccafisso e baccalà? Il baccalà è filetto di merluzzo, salatissimo, da lasciare in acqua per 8/10 ore per prepararlo. Lo stoccafisso, con testa e coda, è poco salato ed essiccato: si ammolla per uno o due giorni. Delle ricette ne segnalo due: Bavarese di baccalà, piatto sfizioso che s'inizia foderando uno stampo da budini con salmone affumicato e il Brandacujon, alla vicentina, per cui si utilizza un chilo di stoccafisso «ragno», il norvegese di miglior qualità. Il libro è viaggio «educativo» nella cucina ligure e italiana, anche nel mondo: Baccalà alla Gomes di Sà, Ceviche peruviano, Crema alla marsigliese, Pasteis da bacalhau de Lisboa o della costa di Estoril, e via sognando.
Due libri da consigliare a chi sta per intraprendere una dieta: saziano leggendo e portano lontano la fantasia. Se un ginecologo leggesse il secondo si guarderebbe dal dire che dove partorisce una genovese si sente «popolano odor di baccalà che fa latte»: è profumo!
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