Erba, nuovo giallo sulla morte del bimbo

A un mese di distanza due diverse relazioni dello stesso medico sulla fine del piccolo Youssef. Circostanze da chiarire anche sulla dinamica della morte di Raffaella. E l'arma con cui è stata uccisa la donna non è mai stata trovata

Erba, nuovo giallo 
sulla morte del bimbo

Felice Manti - Edoardo Montolli

Como - Processo di Erba, oggi si ricomincia. E l’orrore di quella notte dell’11 dicembre 2006 vivrà nuovamente, nell’aula del tribunale di Como, nelle parole dell’anatomo-patologo Giovanni Scola. Il medico che eseguì le autopsie sui corpi martoriati delle quattro vittime (Raffaella Castagna, Paola Galli, Valeria Cherubini e il piccolo Youssef), dovrà confermare davanti ai giudici popolari e togati della Corte d’Assise le sue conclusioni consegnate nelle mani dei pm. Dovrà chiarire, per esempio, come venne ucciso il figlioletto di Raffaella, e soprattutto da quante persone. Perché nella relazione preliminare, depositata a gennaio, si legge che il bambino è stato ucciso da una persona sola e destrimane: «Il decesso fu causato dalla ferita penetrante il collo in sede sottomandibolare sinistra, che causò shock emorragico. La ferita fu prodotta da aggressore situato di fronte alla vittima, che impugnava l’arma con la mano destra, bloccando il capo del bambino con la mano sinistra».

Nella relazione di consulenza medica depositata il 7 febbraio 2007 Scola si apre a una seconda ipotesi: che gli aggressori potessero essere due. E che, in questo secondo caso, l’assassino fosse mancino: «La ferita mortale, con tramite da sinistra a destra, può essere stata inferta da aggressore che impugnava l’arma con la mano destra, immobilizzando il capo con la mano sinistra sul volto del bambino. Appare altrettanto probabile che gli aggressori fossero in numero di due, così che mentre uno afferra il braccio destro del bambino con la mano destra, e ne immobilizza il capo con la mano sinistra sul volto, l’altro lo ferisce con la mano sinistra, che impugna l’arma con il tagliente rivolto verso la superficie dorsale».

La circostanza dei due aggressori sarebbe confermata da un ematoma sul braccino del piccolo Youssef, compatibile secondo organi di stampa con una grossa mano maschile. Qualche dubbio rimane sulla morte di Raffaella Castagna. Secondo Scola, infatti, la donna sarebbe morta prima che venissero appiccati gli incendi (le cui modalità saranno chiarite in aula da Massimo Bardazza, ingegnere dei vigili del fuoco, ndr). Ma visto che secondo la perizia dei Ris, la donna sarebbe stata colpita in bagno (e non sulla porta, dove è stato trovato il cadavere dai soccorritori), com’è possibile che poi Raffaella sia finita vicina all’ingresso?

Anche sull’uccisione di Valeria Cherubini ci sono delle circostanze poco chiare. Bisognerà innanzitutto capire a quale arma possa corrispondere il corpo contundente dotato di «spigolo acuto e liscio» di cui si fa riferimento nella relazione definitiva di Scola (arma mai trovata). In secondo luogo, bisognerà chiarire se la donna, trovata rannicchiata con le mani a protezione della testa, nel disperato tentativo di sfuggire agli otto colpi che le hanno fracassato il cranio, sia stata finita nel suo appartamento. Luogo nel quale peraltro nessuno dei due imputati afferma di essere mai salito, e sul quale in effetti non ci sono tracce di dna dei due coniugi.

Ma solo un’impronta di scarpa, trovata dai Ris di Parma, diversa da quella rinvenuta sempre dai Ris nell’appartamento della Castagna. Secondo la testimonianza dei soccorritori, che per colpa del fumo non sono riusciti a salire a casa sua, la Cherubini era ancora viva poco dopo le 20.20 e urlava aiuto. Forse, chi l’ha uccisa era ancora nel suo appartamento all’arrivo dei soccorritori. Forse.

Sarà importante anche sentire le parole del dottor Nicola Fazzari, il medico del 118 che soccorse l’unico superstite di quella mattanza, Mario Frigerio, marito della

Cherubini, e il racconto di tre colleghe di lavoro di Raffaella Castagna. Che in quei giorni, secondo il racconto di un teste ai magistrati durante le indagini, si sentiva pedinata e minacciata. Ma non solo dai Romano.

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