Quando, nel 1921, Edgardo Ercolessi aprì, con la moglie Elvira, il negozio in via Torino 48, aveva le idee chiare. Intendeva divenire il primo venditore specializzato a Milano di strumenti di scrittura. Investì poi, antesignano del marketing, nella pubblicità, a quei tempi effettuata solo dalle grandi società, diffondendo il logo della ditta: «E.E.Ercolessi». Non si fermò qui. Alla fine degli anni Trenta, convinto che la conoscenza delle lingue sarebbe divenuta essenziale nel commercio, fece studiare in Svizzera il figlio Giordano il quale, laureatosi in seguito alla Bocconi, avrebbe diretto assieme al padre il negozio a lungo, dopo il breve periodo durante il quale vi lavorò anche la sorella Antonietta.
«La nostra storia - spiega Lina, la terza figlia del fondatore dell'azienda subentrata da vent'anni nella guida della società - è continuata in corso Vittorio Emanuele 24, negozio poi riaperto al numero 15, in conseguenza della distruzione subita durante un bombardamento e chiuso nel 2002, dopo l'inaugurazione, nel 1992, di quello di Corso Magenta, l'attuale nostra sede».
Intelligente, garbata, dinamica e con una personalità risoluta, Lina Ercolessi ci racconta l'evoluzione degli strumenti di scrittura e nelle sue parole avvertiamo tutta la passione di una famiglia che si può dire abbia avuto «l'inchiostro nelle vene».
«Le penne stilografiche, contrariamente a quanto si può pensare, sono ancora molto richieste, seppure non come un tempo. Non si usano forse per firmare i trattati internazionali, i contratti, per aggiungere a mano i saluti in una lettera, un tocco di eleganza praticato anche nella corrispondenza ad alto livello? Sono un segno di classe, di cultura».
Però si scrivono meno lettere e invidiamo l'emozione del protagonista del romanzo di Franz Werfel quando trova nella cassetta delle lettere una busta in Una scrittura femminile azzurro pallido...
«Ricordiamoci di quando, alla metà degli anni Venti, venne introdotta la macchina per scrivere. Si cantò il requiem della stilografica, ma non fu così, e oggi, malgrado il computer, avviene la medesima cosa. Una buona parte della clientela è poi formata da collezionisti, i quali non cercano penne antiche, ma delle serie rievocative messe in vendita ogni anno, in edizione limitata, da tutte le case produttrici».
Per esempio?
«La Mont Blanc, ora leader incontrastata nel mondo, ne produce una dedicata agli scrittori - l'ultima è su William Faulkner - che richiama, sul corpo della penna, la loro figura. Quella dedicata ad Hemingway, a parte lo stile degli anni Trenta, riproduceva la firma dello scrittore».
La penna più costosa di questo genere qual è stata?
«Faceva parte della collezione prodotta dalla Omas, dedicata ai viaggi. Nel 1992, per ricordare l'anniversario della scoperta dell'America, fu creata una penna stupenda, in oro massiccio con incisioni a mano sull'epopea di Cristoforo Colombo. Costava 25 milioni di lire, oltre 10.000 euro. Sono strumenti d'incalcolabile valore e, per questo motivo la mia collezione privata è custodita in banca».
Torniamo al negozio di via Torino. Quali penne vendeva suo padre?
«Le Edson Waterman, il primo a brevettare le penne stilografiche alla fine dell'Ottocento negli Usa. Penne rientranti. Si doveva girare il fondello per far uscire il pennino e si caricavano d'inchiostro mediante un contagocce dall'alto. Poi arrivarono le penne a stantuffo. S'imposero la Parker, la Sheaffer in ebanite, entrambe americane, mentre, per quanto riguarda le marche europee, le tedesche Mont Blanc e Pelikan, ed in Italia la Omas, tra le prime specializzate nella lavorazione della celluloide, l'Aurora e, a Milano, la Columbus, nota per le penne in oro laminato. Prodotti di assoluto prestigio che non hanno mai avuto nulla da invidiare a quelli stranieri. Tra le marche più giovani ci sono la Visconti e la Delta. Pochi sanno che la penna stilografica si sviluppò durante la Prima guerra mondiale, usata dagli ufficiali per le lettere, mentre i soldati usavano la matita».
Poi venne la biro...
«Negli anni cinquanta l'ungherese Biro brevettò questo tipo di penna a sfera, molto pratica e che consente di non venire a contatto con l'inchiostro. La stilografica, in un primo tempo perse mercato, ma lo recuperò in seguito. La sua impugnatura rende perfettamente le caratteristiche della nostra calligrafia, mentre la stilo verticalizza la mano, spersonalizzando la calligrafia. La Fisher, negli Stati Uniti, ha ora brevettato una penna a sfera per gli astronauti, adottata dalla Nasa, con cui si può scrivere anche stando sdraiati. Poi sono usciti i roller, simili a una penna a sfera, ma a inchiostro liquido. Tornano anche a essere richieste le matite, da quando i giapponesi hanno inventato la micromina 05, molto sottile».
Voi avete venduto sempre ogni tipo di strumento di scrittura e di tutte le marche.
«D'Annunzio esigeva dei pennini particolari a punta quadra larga, come Mussolini. Montanelli, pennini a punta grossa, rotondi».
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