di Antonio Risolo
Era in ottima compagnia l'ineffabile «Sceriffo di Nottingham», al secolo Attilio Befera. In compagnia di Giulio Tremonti prima, di Mario Monti poi. In comune la passione per la montagna e l'hobby di considerare evasori e criminali quelli che invece amano il mare, in particolare i diportisti. Non sappiamo se la confraternita si sia sciolta per noia, ma sappiamo che l'uomo più temuto d'Italia ha avuto qualche ripensamento. Una conversione improvvisa, inattesa. Déjà vu sulla via di Damasco. E se è vero che le promesse di un montanaro valgono più di quelle di un... marinaio, possiamo stare tranquilli. Fu vero miracolo? Il dubbio resta, i precedenti non incoraggiano all'ottimismo. «L'Italia è un Paese in guerra», diceva Monti. E Befera sguinzagliava i suoi. Però sparando nel mucchio. Erano i mesi del terrore. Scappavano soprattutto i diportisti onesti, lasciando in ginocchio un intero settore. Ma era necessario «far piangere i ricchi», slogan vincente e moltiplicatore di consensi. Oggi Befera si presenta per la prima volta al mondo della nautica nella veste di «esattore e gentiluomo». Parla di «cambiamento, anche politico, nel modo di considerare la nautica come elemento di sviluppo per il Paese, non solo come elemento di prelievo.
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