Per lomicidio di Giovanni Santini, 63 anni, lamministratore di condominio il cui cadavere fu trovato chiuso in una valigia lo scorso 20 febbraio a Roma, il giudice delludienza preliminare Valerio Savio ha condannato ieri, con il rito abbreviato a 16 anni di reclusione la romena Georgeta Nikita, di 30 anni, per omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Il giudice ha inflitto anche la pena di due anni ad Andrei Gabriel Nikita, 35 anni, marito dellomicida, sempre per occultamento di cadavere. Per luomo, accusato dal pubblico ministero Antonella Nespola di concorso in omicidio, è stata disposta la scarcerazione. I due coniugi dovranno inoltre versare alla moglie di Santini e alla figlia 200mila euro di risarcimento sotto forma di provvisionale.
Santini fu ucciso con 27 colpi di mattarello alla testa. Georgeta Nikita confessò il delitto sostenendo di averlo compiuto (in quel periodo era incinta e successivamente ha partorito un bambino) per difendersi dalle avances dellamministratore il quale rivendicava il pagamento di alcune quote condominiali.
Secondo quanto sostenuto dalla pubblica accusa, il marito della donna sarebbe intervenuto al momento dellaggressione, ma tale tesi non è stata ritenuta accoglibile dal Gup Savio. Il cadavere fu trovato rinchiuso in una valigia allinterno dellappartamento in cui abitava la coppia romena, nel quartiere Aurelio.
Immediata e prevedibile la rabbiosa reazione dei parenti della vittima per la mite condanna (rispetto a un omicidio particolarmente efferato) della omicida ma anche per la remissione in libertà del marito della romena, riconosciuto colpevole soltanto di aver nascosto il cadavere e di furto. «La giustizia mi fa schifo» ha affermato Emanuela Santini, avvocato e figlia di Giovanni Santini. «Se il marito è innocente è giusto che abbia avuto la condanna che ha avuto - ha aggiunto Emanuela Santini - Quello che non accetto sono i 16 anni inflitti alla moglie. Mi è stato tolto un padre massacrato con 27 colpi. È come se fosse stato ucciso unaltra volta. Pure le attenuanti generiche».
«Mi sto vergognando - ha ribadito Emanuela Santini - di fare lavvocato. La giustizia mi fa schifo.
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