GerusalemmeChe un leader arabo importante come il presidente palestinese Abu Mazen dica che ciò che è accaduto agli ebrei con l'Olocausto «è stato il peggior crimine contro l'umanità di tutta la storia moderna» è molto importante. Che lo affermi pubblicamente di fronte al suo popolo stupefatto nella sera di inizio del Giorno della Memoria, in cui Israele è chino sui suoi sei milioni di assassinati dai nazisti, è ancora più importante.
Per l'Islam moderno il negazionismo è istintivo, naturale: il meccanismo è quello di pensare, o pretendere di pensare, che gli ebrei si sono inventati la Shoah come scusa per fondare lo Stato d'Israele. Gli iraniani ne sono campioni. In realtà il sionismo è nato molto prima della Shoah, ma le scuole arabe non si occupano molto di sionismo, e anche quando se ne occupano, fanno parecchi svarioni. Anche Abu Mazen ne ha fatti di grandiosi, fino al negazionismo, e di conseguenza ha davvero lasciato tutti stupefatti quando le sue dichiarazioni sono state diffuse dalle agenzie Wafa in arabo e in inglese. Chi conosce la sua storia sa che in realtà essa appartiene, almeno fino a ieri, a quella di chi si è dedicato a distruggere la memoria della Shoah. La stampa internazionale l'ha sempre detto a bassa voce; la Bbc lo chiama «una figura dall'alto profilo intellettuale»; il New York Times ricorda il suo dottorato in Storia dell'Università Orientale di Mosca (quelle belle università internazionaliste e terzomondiste). In genere tutti stentato a mettere insieme l'oggetto dei suoi studi con la figura del pragmatista moderato che incarna da tempo. Ma nel 1982 la sua tesi portava il titolo molto malizioso de «Il rapporto fra i nazisti e i leader del movimento sionista, 1933-1945» ovvero ai tempi della Shoah, come se gli ebrei se la fossero autoinflitta, o almeno voluta. E nel 1984, sviluppando la tesi, Abbas scrisse un libro in cui parlava apertamente della «fantasia sionista, la bugia fantastica che sei milioni di ebrei siano stati uccisi» e sosteneva che il numero esatto era 890mila. Ci è tornato sopra, anche se con toni diversi: nel 2013 in un'intervista alla tv libanese Al Meyadeen ripeteva che sionismo e nazismo erano complici prima della seconda guerra mondiale. Ma ecco adesso la sorprendente dichiarazione. Forse ha cambiato idea, e comunque Abu Mazen gioca una carta significativa per il mondo arabo. Ma perché adesso?
Sono solo tre giorni da quando Abu Mazen ha annunciato il suo prossimo governo di coalizione con Hamas, l'organizzazione terrorista devota alla distruzione di Israele, che la promette nel suo statuto e ha coperto le strade di Gerusalemme di morti civili. È stato forse un passo più lungo del salto verso le ulteriori grandi concessioni cui Abu Mazen punta tirando senza tregua la corda americana e israeliana. Netanyahu dunque, gli ha fatto sapere che finché sarà alleato con Hamas di trattative non se ne parla. Niente nuovi prigionieri in libertà. Abu Mazen allora ha cercato varie strade per parlare direttamente agli israeliani, bypassando il governo. Prima di tutto, ha garantito che Hamas non influenzerà le trattative, che dovrà riconoscere Israele e rinunciare alla violenza. Poi ha annunciato che in cambio di uno stop alle costruzioni e del rilascio dei prigionieri promessi, i colloqui riprenderanno.
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