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Da Carter a Obama: 34 anni di gelo diplomatico tra Stati Uniti e Iran

L'ultima telefonata tra i leader dei due Paesi nel 1979, poco prima della cacciata dello Scià Pahlavi. Ieri un breve contatto tra Rohani e Obama

Jimmy Carter e lo Scià Pahlavi a Teheran nel 1977
Jimmy Carter e lo Scià Pahlavi a Teheran nel 1977

Era il 31 dicembre 1977, quando l'allora presidente statunitense Jimmy Carter volava in Iran e definiva il Paese "un'isola di stabilità", retta dalla "grande leadership" di Mohammed Reza Pahlavi. Il 39° leader della Casa Bianca trascorse il capodanno a Teheran con la first lady, in quello che fu l'ultimo contatto diretto tra i due Paesi, due anni prima della cacciata dello Scià.

Dopo quella visita soltanto una chiamata, due anni dopo, prima che scendesse il gelo tra Washington e Teheran, con la rivoluzione islamica e il ritorno dall'esilio francese, a febbraio del 1979, dell'Ayatollah Ruhollah Khomeini.

La crisi degli ostaggi

I contatti tra i leader dei due Paesi si interruppero qui, a fine anni '70, con la Guida Suprema del nuovo Iran che intimava agli stranieri di lasciare il Paese, pochi mesi prima dell'esplodere della Crisi degli ostaggi dell'ambasciata statunitense, che segnò profondamente la presidenza Carter, risolvendosi soltanto quando ormai alla Casa Bianca era arrivato il suo successore, Ronald Reagan.

Dal novembre 1979 fino al 21 gennaio 1981, gli ostaggi americani rimasero prigionieri in Iran, tra l'inasprimento delle sanzioni da parte degli Stati Uniti e un tentativo fallito di liberazione. Poi la firma di un accordo, con cui la Casa Bianca si impegnava a scongelare i beni iraniani all'estero.

Dalla guerra del Golfo al problema nucleare

Il silenzio tra i due Paesi continuò fino al 1991, quando il presidente Hashemi Rafsanjani si offrì alla Casa Bianca come mediatore con l'Iraq per risolvere la Guerra del Golfo, incontrando la risposta negativa della presidenza Bush. La proposta del leader iraniano - scrisse allora l'agenzia IRNA - era anche un tentativo di riaprire un canale ufficiale con Washington.

Il riavvicinamento non arriverà. Tra il 1995 e il 1996, un accordo nucleare tra Iran e Russia e nuove sanzioni decise dall'amministrazione Clinton, contro un "Paese sponsor del terrorismo", non contribuirono a migliorare i rapporti tra Teheran e Washington. Né servì un'intervista del successore di Rafsanjani, Khatami, che nel 1998 disse alla Cnn di desiderare "un nuovo secolo di comprensione e pace".

Alti funzionari iraniani e statunitensi tornarono a incontrarsi soltanto nel 2001. Il Segretario di Stato Colin Powell strinse la mano al suo omologo di Teheran prima di un incontro dell'Onu. I contatti tra i due non proseguirono oltre. Nel 2002 il presidente Bush Jr. pronuncerà il discorso in cui includerà l'Iran nell'elenco dei Paesi dell'Asse del male (con Iraq e Corea del Nord).

A fine 2006, durante la presidenza Ahmadinejad, l'Onu approva la prima tranche delle sanzioni contro Teheran, per bloccare il processo di arricchimento dell'uranio in corso nel Paese, temendo che l'Iran fosse vicino a ottenere un armamento nucleare.

La telefonata Obama-Rohani

Per arrivare a un contatto, anche se breve, tra i leader dei due Paesi si dovrà aspettare il 2013. Una serie di interviste ai media statunitensi e un incontro tra il Segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif hanno aperto la strada a una breve telefonata tra i presidenti Obama e Rohani.

Quindici minuti di colloquio, poco prima della partenza per Teheran, che se non porteranno risultati nell'immediato rappresentano comunque la rottura di un silenzio che sui canali ufficiali è durato 34 anni.

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