Un gruppo di circa venti italiani è intrappolato a Goma, (città della provincia del Nord-Kivu, nel Congo Meridionale) assediata dai guerriglieri del movimento M23, che da giorni sono in lotta con l'esercito e ieri hanno conquistato la città facendo temere per una nuova guerra regionale.
La situazione nella Repubblica democratica del Congo è «estremamente pericolosa e preoccupante» per stessa ammissione del Dipartimento di Stato americano. A causa delle esplosioni e dei colpi di armi automatiche, migliaia di cittadini di Goma si stanno spostando alla frontiera col Ruanda. Col paradosso che i caschi blu delle Nazioni Unite non possono intervenire perché il loro mandato non prevede il confronto coi ribelli. In questo clima resta difficile la situazione dei venti italiani, molti dei quali religiosi, alcuni altri invece esperti che da diversi giorni sono nell'area per studiare un vulcano della zona in eruzione.
Il movimento M23 è nato a inizio maggio da ex ribelli che si erano integrati nell'esercito congolese nel 2009, a seguito di un accordo di pace. Ad aprile hanno disertato, sostenendo che Kinshasa non aveva rispettato gli impegni. Chiedono il mantenimento di tutti gli ufficiali nei loro gradi e rifiutano il trasferimento in altre unità o regioni che vorrebbe imporre loro Kinshasa. E dalla capitale il presidente congolese Joseph Kabila lancia un appello «al popolo e a tutte le istituzioni» a mobilitarsi per «difendere la nostra sovranità» contro l'aggressione di cui la Rdc si dice vittima da parte del Ruanda. Kabila ha in seguito raggiunto Kampala per discutere della crisi con il presidente ugandese, Yoweri Museveni.
La Francia ha chiesto che il mandato dei 17mila caschi blu dell'Onu inviati nella Repubblica democratica del Congo sia rivisto. «Dispiegare 17mila uomini e fissare un mandato che non autorizza l'intervento è assurdo», dice il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius.
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