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Farsa marò: deciso l'ennesimo rinvio

New Delhi in difficoltà: la Corte suprema rimanda a lunedì. Solo ora il nostro governo alza la voce

Farsa marò: deciso l'ennesimo rinvio

L'ennesimo rinvio. Certo, questa volta è di una sola settimana, ma neppure il prossimo 10 febbraio la corte suprema indiana chiuderà la vicenda dei nostri marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Sono passati due anni, e in tutto questo tempo le autorità di Delhi non sono state in grado di formulare un capo d'accusa. Perché? Le ragioni sono molteplici, ma la principale è che hanno forzato il diritto internazionale a tal punto da non riuscire più a trovare una via d'uscita dignitosa.

È noto a tutti che l'incidente in cui persero la vita i due pescatori non avvenne in acque territoriali indiane. Le autorità di Delhi però se ne infischiarono e spinsero con l'inganno la nave italiana Enrica Lexie, con a bordo i marò, ad attraccare in un porto indiano. Il seguito lo conosciamo tutti, Latorre e Girone furono arrestati e da allora sono ancora in attesa di conoscere il loro destino. Che, negli ultimi tempi, ha assunto tinte drammatiche poiché potrebbero essere giudicati in base a una legge che prevede la pena di morte. Una possibilità che ha scatenato la reazione, tardiva, del nostro governo, responsabile di non aver internazionalizzato la vicenda denunciando gli abusi dell'India. Non è un caso, infatti, che Delhi, per poter processare i nostri militari, abbia affidato le indagini alla Nia, l'antiterrorismo che può operare all'estero, e che sia stato inoltre istituito un tribunale speciale perché quelli ordinari non hanno giurisidizione su fatti accaduti fuori dai confini nazionali. In pratica, hanno pensato di copiare ciò che gli americani fanno con i terroristi a Guantanamo. Solo che l'India non è l'America e i due marò non sono terroristi, ma militari in missione. Perciò ora le autorità indiane sono in un cul de sac: se chiedono di processare Latorre e Girone in base alla legge anti pirateria, che per l'omicidio prevede esclusivamente la condanna capitale, si troveranno contro la comunità internazionale e rischieranno grosso sotto il profilo delle relazioni commerciali; se non lo faranno, il castello accusatorio potrebbe crollare perché non avrebbero alcun diritto (non lo hanno mai avuto) di processare i nostri marò. Secondo alcune fonti politiche indiane, il governo di Delhi avrebbe intenzione di rinunciare alla legge anti pirateria, ma la verità la scopriremo lunedì prossimo.

In questa tragicommedia senza fine, l'unico attore che non ha brillato è stato il governo italiano. Non scordiamo la condotta criminale di Monti e compagnia, che hanno rimandato in India i due marò. Ma non possiamo certo tessere gli elogi del governo attuale che da quasi un anno non fa altro che esortare tutti a tenere un basso profilo e a sostenere la (ridicola) politica del silenzio, definita la più fruttuosa. Lo spettro del patibolo e le pressioni di parte della politica e di pochi organi di informazione ha scosso dal letargo Letta, Bonino e soci. Ieri il premier si è addirittura spinto a bacchettare Delhi: «Metta le carte sul tavolo, sono due anni che aspettiamo, basta rinvii». E, di fronte a un'India titubante e consapevole dei propri errori, sembrano tutti diventati leoni, a partire dal ministro della Difesa Mauro: «La mobilitazione del governo italiano sta dando frutti». Da come parlano, sembra che Salvatore Girone e Massimiliano Latorre siano stati arrestati due giorni fa.

Invece sono già passati due lunghi anni, che nessuno potrà rendere ai due marò e alle loro famiglie.

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