Non c'è stata una stretta di mano tra presidenti, ma un simbolico incrocio tra ministri. È la prima volta in oltre 30 anni che due alti rappresentanti degli Usa e dell'Iran siedono allo stesso tavolo. L'ultima volta è accaduto sempre a New York e sempre a margine dei lavori dell'Assemblea generale. A Washington il presidente era Jimmy Carter. A Teheran la rivoluzione islamica aveva da poco cambiato il Paese. Il segretario di Stato Cyrus Vance incontrò allora il ministro degli Esteri provvisorio, Ibrahim Yazdi. I cinque membri del Consiglio di Sicurezza e la Germania, il cosiddetto 5+1, gruppo che da anni si focalizza sulla questione del nucleare iraniano, hanno affrontato ieri le nuove aperture dell'Iran e in tarda serata è stata elaborata anche a bozza di risoluzione sull'arsenale chimico siriano, frutto di un'intesa tra i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu che sarà esaminata dall'organo esecutivo del Palazzo di Vetro. Tra i ministri riuniti, c'era per la prima volta anche un iraniano, Javed Zarif, l'uomo che, in seguito all'elezione del «moderato» presidente Hassan Rouhani a Teheran, è stato definito dalla stampa internazionale «un ramo d'ulivo» teso verso l'Occidente: politico più morbido se paragonato a una leadership molto conservatrice, Zarif ha studiato a San Francisco e conosce il mondo della diplomazia internazionale. Al suo stesso tavolo, ieri, c'era il segretario di Stato americano John Kerry. L'America e l'Iran non hanno relazioni diplomatiche dal 1980. L'incontro del 5+1, il primo da aprile, ha avuto come obiettivo quello di capire se l'offerta di dialogo del regime, arrivata tra l'altro attraverso le parole del neo presidente Rouhani all'Assemblea generale martedì, vada oltre la pura retorica e non sia una strategia per alleggerire le sanzioni internazionali. Lady Ashton ha detto nei giorni scorsi d'essere stata colpita «dalla determinazione» di Zarif, che ieri, a proposito del mancato incontro tra Barack Obama e Rouhani ha detto che «un incontro non è un fine in sé e non è comunque stato scartato». Gli americani, appoggiati dall'alleato israeliano, hanno chiesto che i fatti seguano alle parole. Se da Gerusalemme il premier Benjamin Netanyahu ha dimostrato nelle ultime ore soltanto grande scetticismo, più conciliante è stato il presidente Shimon Peres, che al Wall Street Journal ha detto d'essere soddisfatto del tentativo diplomatico intrapreso da Obama. E Israele è protagonista anche dell'ultimo intervento di Rouhani, ieri, durante un incontro all'Onu.
Il presidente ha chiesto che Israele aderisca al Trattato di non Proliferazione nucleare del 1979, non firmato dallo Stato ebraico, per favorire un Medio Oriente demilitarizzato. «Il disarmo nucleare è la nostra priorità», ha detto il presidente iraniano, che al Washington Post ha dichiarato d'essere pronto a un accordo sul nucleare di Teheran in tre o sei mesi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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