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Israele, controlli alle e-mail dei turisti

Gli addetti alla sicurezza potranno impedire l'ingresso a chi rifiuterà di "aprire" la posta elettronica

Israele, controlli alle e-mail dei turisti

Tel AvivAl loro arrivo all'aeroporto di Tel Aviv, i turisti potrebbero ricevere l'insolita richiesta da parte degli addetti alla sicurezza di aprire il loro account di posta elettronica. In Israele è ora pratica legale, autorizzata dal procuratore generale mercoledì.

Un'organizzazione per i diritti umani israeliana - Association for Civil Rights, Acri - ha presentato nei mesi passati una petizione ai giudici chiedendo spiegazioni su alcuni episodi riportati dalla stampa locale e internazionale. Nel giugno 2012, per esempio, a una cittadina americana di origini palestinesi, dopo un lungo interrogatorio all'arrivo in Israele e dopo il suo rifiuto di fornire la password per l'accesso alla sua e-mail, è stato negato l'ingresso nel Paese. Secondo Nadim Aboud, dell'ufficio del procuratore generale, la richiesta da parte del personale della sicurezza è giustificata perché - ha detto all'Ap - il rischio di un coinvolgimento di stranieri in attività terroristiche è sempre più alto e Israele è un Paese che soffre e ha sofferto in maniera particolare per sanguinosi attacchi e attentati. I controlli all'aeroporto Ben Gurion sono particolarmente lunghi e dettagliati, come spiega anche il sito del ministero degli Esteri italiano, Viaggiare informati: «I controlli di sicurezza in aeroporto - sia in arrivo sia in partenza - possono talvolta durare a lungo ed essere assai approfonditi e molto invasivi».

In diversi casi in passato il personale della sicurezza ha richiesto a cittadini stranieri - cui è concesso visto turistico allo scalo - l'accesso alla e-mail personale, tanto che nella sezione dedicata alle informazioni sui viaggi in Israele della Farnesina è stata aggiunta una nota: «In talune recenti occasioni le Autorità di sicurezza israeliane hanno richiesto a viaggiatori di rivelare le password di accesso ad account e-mail privati e a siti di social networking per effettuare verifiche immediate avvalendosi dei laptop degli interessati. In caso di rifiuto, i viaggiatori sono stati respinti». Fonti diplomatiche europee hanno detto al Giornale che consolati di Stati Ue starebbero ora valutando come reagire alla norma che interessa anche i loro cittadini.

Per molti la nuova regola «costituisce una violazione della privacy», ha detto Lila Margalit, avvocato dell'Acri. Secondo Diane Buttu, ex consigliere legale dell'Autorità nazionale palestinese, l'obiettivo sarebbero soprattutto persone di origini arabe o musulmane, spesso attivisti in viaggio verso i Territori palestinesi, ha detto al Giornale. Si tratta soltanto di «casi eccezionali», ha dichiarato un funzionario del ministero della Giustizia locale, una richiesta presentata soltanto in caso di sospetti reali. «La decisione - ha detto al Giornale un portavoce del ministero degli Esteri israeliano - permette all'addetto alla sicurezza di richiedere al viaggiatore la password d'accesso.

Questo non significa che il passeggero sia obbligato a farlo e non c'è connessione diretta tra il rifiuto e il fatto che possa essergli negato l'ingresso».

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