L'ansia dei fratelli in Italia: «Preghiamo e raccogliamo soldi, vestiti e medicinali»

Per la burocrazia è una domenica come le altre. L'ambasciata a Roma è chiusa e il consolato di Milano ha le luci spente. Ma le chiese, invece, sono aperte e nel week end si riempiono di fedeli che vogliono sapere e aiutare. Basta andare nell'antichissima basilica di San Lorenzo, a due passi dalla Madonnina, per scoprire che il tifone non è solo un pericolo lontano migliaia di chilometri. «Alla messa della domenica pomeriggio - spiega padre Emil - ho raccolto le offerte per i nostri connazionali che hanno perso tutto. Ma è solo l'inizio: vogliamo mandare in patria vestiti, medicinali e tutto quello che può aiutare i nostri fratelli più sfortunati».
Nel capoluogo lombardo c'è una comunità molto importante con più di 40 mila membri; nella capitale però c'è un nucleo ancora più numeroso: oltre sessantamila persone. E alla cappellania delle Filippine c'è un clima di mobilitazione frenetica: «Raccogliamo soldi, indumenti, medicine», spiega suor Gloria che è originaria di Mindanao, l'isola più a sud dell'arcipelago, risparmiata per fortuna dalla furia della natura. «Almeno quattro membri della comunità romana - prosegue suor Gloria - non hanno più notizie dei loro cari e delle loro case, devastate dal tifone nell'isola di Leyte. Purtroppo laggiù non c'è più elettricità, le comunicazioni sono saltate e al momento non si sa nulla».
I preti e le suore sembrano essere il punto di riferimento di una campagna di mobilitazione che si svolge con discrezione da un capo all'altro del Paese e coinvolge un po' tutti i centocinquantamila filippini d'Italia, quasi tutti impiegati come domestici. Si prega per le vittime del tifone in tutte le messe che vengono celebrate dai sacerdoti filippini presenti in Italia. «Ci affidiamo a Dio e siamo in ansia - aggiunge padre Emil che guida una gruppo di almeno settecento persone - e pensi che avevamo appena raccolto fondi per chi aveva perso tutto nel terremoto che ha colpito quella regione solo tre settimane fa. Ora quell'area viene flagellata un'altra volta. E' una tragedia nella tragedia, ma noi non abbandoniamo i nostri fratelli laggiù». In una sala con vista sul sagrato e le celebri colonne romane sono radunate sessanta -settanta persone: mangiano, pregano, leggono, discutono. «Veniamo da Manila e dall'isola di Luzon, a Nord - spiegano ad alta voce - No, non abbiamo parenti in quelle zone. Ma questa è un'emergenza nazionale».
Il tamtam dice che anche a Milano, come nella capitale, si contano sulle dita di una mano uomini e donne che hanno genitori, fratelli o figli dove il tifone ha raso al suolo città e villaggi. «Abbiamo chiamato casa, come tutti, con un po' di apprensione, ma per fortuna va tutto bene», ripetono alcuni fedeli riuniti per la funzione religiosa nella parrocchia dell'Immacolata Concezione, nel quartiere popolare di Lorenteggio.
Oggi, dopo il riposo del fine settimana, riapriranno l'ambasciata e il consolato: chissà se le autorità attiveranno numeri verde e linee d'emergenza per chi ha un disperato bisogno di informazioni.

Intanto il Filippino Women's Council insieme al Defence Children lancia una campagna per aiutare le donne e i bambini di Leyte. E esprime solidarietà anche il capo del Governo. Intervistato da Massimo Giletti negli studi dell'Arena, Enrico Letta fa sentire «la sua vicinanza ai filippini d'Italia per una vicenda terribile».

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