Il più grande pericolo per l'Europa? «Chi addita un pensiero nuovo come eresia». Così David Cameron gioca a fare «l'eretico» e pronuncia la parola più attesa, più annunciata, più scontata eppure più blasfema per i vertici di Bruxelles: referendum. In un colpo solo - con la promessa (o la minaccia?) di indire per il 2017 una consultazione elettorale, la prima in quarant'anni, in cui gli inglesi potranno decidere se il Regno Unito resterà nell'Unione o ne uscirà - il premier britannico riesce a fare infuriare i francesi, a mettere in difficoltà la Merkel, a soddisfare finalmente l'ala dura del suo partito, quella più euroscettica, a intonare il de profundis alla coalizione di governo con gli europesti LibDem, a mandare in crisi nera l'opposizione laburista (Miliband dice no al referendum e fa infuriare mezzo partito) e a lanciare segnali di fumo all'Ukip, il partito indipendentista con il quale potrebbe allearsi se alle prossime elezioni, quelle del 2015, i Tory non otterranno la maggioranza assoluta.
Il referendum è lontano ma l'attesa rischia di rivelarsi una pena per le istituzioni europee già in crisi. Perché Cameron è chiaro: i rapporti tra Londra e Bruxelles nel frattempo, in attesa di quel voto, andranno rinegoziati. E il leader Tory propone che lo stesso avvenga con gli altri Stati membri. «Non sono un isolazionista», dice Cameron usando toni moderati, a tratti deludenti rispetto alle previsioni. «Voglio che l'Unione europea sia un successo. E voglio un rapporto tra la Gran Bretagna e l'Ue che ci veda dentro l'Unione», tranquillizza il premier. Che avverte anche gli inglesi delle possibili conseguenze: «Se lasciassimo l'Unione europea, sarebbe un biglietto di andata, non di andata e ritorno». Ma poi si fa altrettanto categorico su un altro tema: «L'Europa deve cambiare per assicurare prosperità e supporto alla sua gente». E deve farlo per evitare l'ulteriore calo di consensi che attraversa il continente: «La delusione verso l'Ue è ai livelli più alti di sempre», «la gente è sempre più frustrata per il fatto che decisioni prese molto lontano finiscano per ridurre drasticamente i loro standard di vita».
Cosa serve dunque? Primo: competitività. Bisogna riformare «un sistema decisionale sclerotico e inefficace che ci porta indietro», serve insomma «un'Unione meno burocratica». Poi ci vogliono velocità e flessibilità, per muoversi come una rete, non come un blocco. Rispettando le reciproche diversità: «Qualche Paese, come la Gran Bretagna e la Francia, vuole e può intervenire in Libia e Mali. Altri non sono a loro agio nell'uso della forza militare. Accettiamo questa diversità invece di soffocarla». Quarto: i Parlamenti nazionali devono contare di più. Perché «sono e resteranno la vera fonte di legittimazione democratica e di affidabilità nell'Unione». E infine serve maggiore equità.
La sfida è aperta e salutata dai tabloid, da sempre nemici di Bruxelles, come la vittoria di Cameron (portato in trionfo) e degli inglesi. Se pure la strategia del premier fosse puramente elettorale - come è probabile per soddisfare l'euroscetticismo dell'elettorato e rincuorare l'ala dura del partito - ha già fatto saltare sulla sedia soprattutto i francesi. François Hollande interviene ricordando a Londra che «essere membro dell'Ue comporta degli obblighi» mentre il ministro degli Esteri Laurent Fabius annuncia che «se la Gran Bretagna vuole lasciare l'Ue, srotoleremo il tappeto rosso» (una frecciata per replicare all'invito di Cameron, che un anno fa annunciò di voler stendere un tappeto rosso ai ricchi francesi in fuga dal fisco). Insolitamente morbida Frau Merkel, anche perché appena due giorni fa la Germania ha superato la Francia ed è diventata il più grosso partner commerciale britannico dal dopoguerra: «Siamo naturalmente pronti a discutere le richieste britanniche» senza perdere di vista quelle degli altri Paesi, dice la Cancelliera.
Ironia della sorte, mentre il presidente del parlamento europeo Martin Schultz fa sapere che «l'Europa à la carte non è un'opzione», mentre Tony Blair avverte Cameron che a minacciare di spararsi alla testa - come Mel Brooks in Mezzogiorno e mezzo di fuoco - si rischia di ricevere un inatteso via libera, l'ultimo sondaggio YouGov sugli inglesi e l'Europa dice che il 40% (contro il 34%) voterebbe per restare nell'Unione.
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