È un po' la storia del nano che sale sulle spalle del gigante. E spera così di guadagnare centimetri in quella particolare forma di altezza che è l'autorevolezza. Solo che non tutte le scalate riescono: c'è chi è scivolato sulla banalità più trita, chi si è distinto per polemiche cervellotiche e chi ha firmato clamorose gaffe rovinando la propria immagine. Certo, da giorni tutti in tutto il mondo vogliono far sapere la loro su Nelson Mandela ed è scattata la corsa all'ovvio: «Io l'avevo conosciuto». Oppure: «Lui è stato il mio maestro». Per qualcuno sarà vero, per altri, francamente, sarebbe stato più decoroso cucirsi la bocca. Ma l'occasione era ghiotta. Matteo Renzi, ad esempio, Mandela l'ha incontrato sul serio. Però sarebbe stato più elegante non dare in pasto ai media anche quei ricordi preziosi. E invece niente. Il sindaco di Firenze non ha resistito all'idea di consegnare al mondo una sua frase roboante, anzi due: «Toccare la mano di Mandela è stata una delle più grandi emozioni della mia vita». E poi: «Quando gli ho toccato la mano, ho toccato la mano della Storia». Boom. Quasi meglio di quelle dichiarazioni zuccherosissime che avvolgono i Baci Perugina. Pazienza. Se Renzi ha perso un'ottima occasione per stare zitto, altri sono inciampati rovinosamente su Mandela e sui suoi funerali, provocando un putiferio di critiche e reazioni indignate. É quel che è successo al premier ceco Jiri Rusnok. Va in parlamento e lì si confida, quasi si sfoga con il ministro della difesa Vlastimi Picek: «Speriamo di poter scappare dall'obbligo di andare ai funerali di Mandela - si lascia sfuggire, senza sapere che una telecamera malandrina sta immortalando il dialogo - speriamo che ci vada il presidente, l'idea di doverci andare mi dà i brividi». Poi, per completare il disastro, Rusnok svela a Picek pure i suoi insormontabili impegni: «Ho programmato un pranzo e una cena», destinati fatalmente a saltare in caso di viaggio in Sudafrica. Purtroppo per lui, l'inarrestabile premier continua a infierire contro se stesso fino all'umiliazione finale: «Il Presidente Milos Zeman si è fatto male a un ginocchio. Ma allora come farà a salire le scale dell'aereo? Sono fottuto, devo andarci io». Un capolavoro che a suo modo porta Rusnok dentro la storia, anche se dalla porta sbagliata.
Da Praga agli Stati Uniti e dal fuori onda del capo del governo ceco, ora accerchiato dal proprio imbarazzo, al'ottusità puntigliosa dello sceriffo della Carolina del Sud Rick Clark. Obama annuncia la decisione di abbassare le bandiere a mezz'asta in onore del grande Madiba. Clark ci pensa, forse compulsa qualche regolamento, poi controreplica, come un burocrate dei sentimenti, senza preoccuparsi di sfidare il ridicolo: «La bandiera dovrebbe essere abbassata a mezz'asta per gli americani che si sono sacrificati per la patria». Mandela in effetti si è sacrificato per la patria, trascorrendo 27 anni in galera, ma il Paese del leader antiapartheid non è lo stesso di Clark. «Dovrebbe essere abbassata all'ambasciata Usa in Sudafrica - spiega lo sceriffo alla Cnn on line - non a casa nostra». E il tutore della legge si rifiuta di eseguire l'ordine presidenziale. Il mondo è popolato di eccessi. C'è chi studia virgole e commi delle norme per tenere alto il vessillo della stupidità e chi fa della commozione planetaria un beverone di lacrime facili facili. Così la Pro Sesto, non proprio blasonatissima formazione della nostra serie D, decide di giocare la partita domenicale a Piacenza con il lutto al braccio. Come fosse morto al'improvviso un calciatore o un parente stretto.
Era giù successo quando se n'era andata Lady Diana e si erano viste scene di isteria quasi inconcepibili. Si era smarrita la misura e si era arrivati a mostrare Madre Teresa in una foto con Lady D per dimostrare che anche lei, scomparsa negli stessi giorni, era una brava persona. Oggi questi sbandamenti ci sono, ma molto meno. E semmai l'andazzo generale è quello della retorica mielosa che invade tutto e tutti.
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