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Se il gioco si fa duro, l'Onu scappa

Se il gioco si fa duro, l'Onu scappa

di Fiamma Nirenstein

Non sarebbe davvero un buon segnale se l'Unifil, la forza di pace dell'Onu sul confine fra Libano e Israele, facesse fagotto proprio ora che l'aria si fa bollente a causa della tragedia siriana e i suoi annessi. A minacciare di portare via i suoi soldati (ma avendo smentito dopo che un giornale del Kuwait ha rivelato la notizia) sarebbe l'Unione Europea, e le voci sono molto dettagliate. I soldati del Vecchio Continente, i francesi, gli italiani, i belgi... lascerebbero là filippini, i salvadoregni, i nepalesi, cioè chi ha voglia, fra 12mila soldati provenienti da 35 Paesi, di mantenere l'impegno preso con l'Onu di mantenere la pace. Sarebbe un'ennesima conferma dell'inanità dell'Europa, proprio ora che con la guerra civile siriana e l'interferenza iraniana, si è creata gran confusione sul confine israelo-libanese-siriano, e gli Hezbollah ci sguazzano. Assad minaccia Israele (questo, dopo l'attacco aereo israeliano su carichi militari destinati agli Hezbollah), e preannuncia la formazione di un esercito misto di siriani, palestinesi e Hezbollah (Nasrallah si è già dichiarato entusiasta) per riconquistare il Golan, quieto dai tempi di Hafez Assad il vecchio. Intanto, con le nuove armi per gli Hezbollah, che ha già 70mila missili, viaggia la minaccia delle armi chimiche, mentre la guerra fra sciiti (Hezbollah e Iran con gli alawiti di Assad) e i sunniti (i ribelli, la Turchia, la Fratellanza Musulmana, i sauditi, gli egiziani...) è in corso anche dentro il Libano.
Ma come, i nostri uomini farebbero le valige proprio ora, dopo alcuni anni relativamente tranquilli dal 2006, anno della guerra fra Israele e il Libano? Pare di sì. L'ambasciatore dell'Unione Europea a Beirut, Angelina Eichhorst, avrebbe detto al Primo Ministro libanese Najib Mikati che gli uomini dell'Unifil sarebbero stati ritirati se non si fossero presi seri provvedimenti per garantire la loro sicurezza. Certo ha detto un ufficiale dell'Onu, noi dovremmo approvare questa scelta, ma ogni Paese ha diritto di andarsene quando gli pare. La richiesta al governo libanese di aver cura dell'Unifil è antica quanto sensata, ma difficile da accogliere. Dalla fine della guerra del 2006 gli Hezbollah hanno attaccato le ronde Unifil sul confine, hanno rioccupato le postazioni violando le regole della risoluzione 1701, che proibisce la presenza degli uomini di Nasrallah a sud del fiume Litani; pochi giorni fa vicino a Madjal Shams hanno attaccato un veicolo dell'Onu con bottiglie molotov; una pattuglia belga è stata bloccata, le chiavi sequestrate e le armi puntate...
Hezbollah è nervoso da quando la sua collaborazione armata con Assad non va bene, e in Libano lo scontro interno è diventato acuto. Molti dei suoi uomini sono tornati nelle bare, mentre l'alleato diventa sempre più odioso a tutto il mondo. La necessità di rendere bollente il fronte con Israele è strategica come per Assad e l'Iran. E Israele non sta certo a guardare, i suoi F16 passano sopra Beirut e vanno a colpire Damasco e la temperatura sale.
L'Unifil è davvero messa male. Le norme dell'Onu l'hanno serrata in pastoie per cui di fatto non è riuscita a fermare il riarmo micidiale di Nasrallah, è stata accusata dall'una e l'altra parte di non servire a niente. Gli Hezbollah, che avrebbe dovuto neutralizzare sono inarrestabili perché le norme dicono: non si possono perquisire né si può intervenire senza l'intervento dell'esercito libanese. Che se ne guarda bene. I comandanti, specie quelli italiani, Claudio Graziano dal 2007 al 2008, e quello odierno, Paolo Serra, hanno fatto del loro meglio, i loro morti (296 dal 1978, inizio della missione) li hanno avuti anche loro.


L'ultima idea geniale dell'Ue sarebbe quella, di fronte alla dimostrazione che sono gli Hezbollah gli autori dell'attentato all'autobus del luglio 2012 (sei morti) a Burgas in Bulgaria, di mettere solo l'ala militare nella lista delle organizzazione terroristiche, salvando l'organizzazione politica, come se Nasrallah fosse uno statista, anzi, un maestro cui talvolta quei discoletti scappano di mano.

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