Il sorvegliato molto speciale: "Un soggetto antiamericano" Ora il papà imbarazza Obama

Barack senior nel mirino del Foreign office quando andò in Usa a studiare. Con altri kenyoti era considerato un potenziale facinoroso contro i bianchi

Il sorvegliato molto speciale: "Un soggetto antiamericano" Ora il papà imbarazza Obama

È l’ultimo degli attacchi al patriottismo del presidente. Ma ora Obama deve difendersi dal passato che rispunta dagli archivi del Foreign Office britannico: documenti segreti del periodo coloniale in cui il padre del futuro presidente, Barack Obama senior, è schedato come sorvegliato speciale fra i potenziali «antiamericani e antibianchi», insieme a decine di altri studenti kenyoti negli Stati Uniti.
È il solito paradosso che sembra perseguitare Obama: quello di cui lui ha sempre parlato con orgoglio, quella borsa di studio che ha permesso al padre di frequentare l’università delle Hawaii negli anni Sessanta (primo africano a studiare nell’ateneo) e poi di ottenere una specializzazione in economia, ora si scopre che era motivo di preoccupazione per il suo Paese. Nei «Colonial papers», cioè quei documenti del periodo coloniale che il Foreign Office ha dovuto rendere pubblici dopo mezzo secolo per una ingiunzione dell’Alta corte britannica, il viaggio in America di un’ottantina di giovani kenyoti è descritto in modo ben poco romantico: c’è preoccupazione per una operazione «politica» più che «formativa», perché questi studenti sarebbero «accademicamente inferiori» rispetto ai compatrioti rimasti in Kenya a studiare. Sarebbero anche dei «raccomandati»: tutti selezionati in base alla tribù, più che ai meriti. E soprattutto sarebbero noti per la facilità a «finire nelle mani sbagliate»: l’ambasciata inglese a Nairobi e il Dipartimento di Stato Usa temono che possano diventare «antiamericani» e «antibianchi». Anche la borsa di studio non piace ai diplomatici, perché sarebbe collegata a un gruppo nazionalista, nonostante l’African American Students Foundation sia finanziata da personaggi celebri come Sidney Poitier e Harry Belafonte.
Di sicuro c’è che né gli inglesi, né gli americani (sebbene, secondo una nota di un diplomatico di Sua Maestà a Washington, entrambi «ugualmente seccati» dalla faccenda) decidono di fare alcunché per fermare l’orda potenziale dei giovani kenyoti. E di sicuro c’è che Barack Obama senior (in cima alla lista per ragioni alfabetiche) nel ’59 ha iniziato a frequentare l’università di Honolulu, ha conosciuto Ann Dunham, l’ha sposata (per poco) e con lei ha avuto un figlio, che poi è diventato il primo presidente nero degli Stati Uniti. Ormai Obama senior è morto da molti anni (nel 1982, in un incidente d’auto a Nairobi), quindi non può replicare ai sospetti delle autorità. Certo non amava il colonialismo: suo padre Onyango (il nonno di Obama) era stato imprigionato e torturato dagli inglesi per sei mesi nel 1949 per la sua partecipazione al movimento indipendentista kenyota. Era rimasto poi invalido per tutta la vita.
Ma quello che interessa nei documenti del Foreign Office non è tanto l’«attenzione» per la famiglia Obama, quanto il fatto che sul presidente cada di nuovo, in qualche modo, un’ombra sulla sua fedeltà al Paese, sul suo essere americano. Gli avversari ci hanno già provato per anni, sollevando il caso grottesco del certificato di nascita «falso» o «inesistente» - la teoria per cui Obama non sarebbe nato alle Hawaii e non sarebbe un cittadino americano. Ci hanno provato con la storia della presunta volontà del padre di darlo in adozione. Ci provano alimentando l’ambiguità sulla sua fede religiosa (il 18 per cento degli americani sarebbe convinto che Obama sia musulmano).

Ora è uscito un documento di oltre cinquant’anni fa, a tormentarlo di nuovo. Ma forse Obama è più preoccupato dall’ultimo sondaggio del New York Times, che lo dà al 46 per cento come Romney: se si votasse ora finirebbe alla pari. E non c’è Foreign Office con cui prendersela.

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