Quella che, in apparenza, si presentava come una qualunque sartoria per riparazioni e realizzazione di abbigliamento su misura era in realtà un laboratorio per capi contraffatti; un'attività illecita che certo il continuo viavai di uomini che trasportavano enormi borse di indumenti non ha aiutato a far restare celata.
A scoprirla, in via Bramante, tra l'area di Chinatown e il quartiere intorno al Cimitero Monumentale, sono stati i vigili del Gruppo operativo anti contraffazione (Goac). Che, dopo aver notato gli spilungoni senegalesi che facevano la spola dal negozio ai loro furgoni trascinando i borsoni, hanno deciso di entrare per effettuare un controllo, scoprendo così il laboratorio clandestino. Dentro il quale (nella foto) c'erano vere e proprie montagne di indumenti senza marchio ai quali venivano cucite etichette e contrassegni falsi di vari brand fashionisti.
Dopo i controlli di rito e il sequestro dell'attività, la Polizia Locale ha indagato il gestore, un cinese di 43 anni, accusato di contraffazione, concorso e ricettazione. Indagato anche un senegalese 67enne senegalese, bloccato all'uscita del negozio con una borsa di vestiti. Gli agenti hanno sequestrato in tutto 9mila711 capi d'abbigliamento ed etichette false.
L'abbigliamento contraffatto a questo punto diventa proprietà dello Stato che, al termine dell'iter giudiziario, ne stabilisce il destino finale. La merce infatti può essere destinata alla distruzione, alla donazione (ad esempio a enti benefici come la Caritas) o alla vendita all'asta.
Nella stragrande maggioranza dei casi però i capi vengono distrutti - sminuzzati industrialmente o inceneriti - per evitare che, in
qualsiasi modo, possano ricomparire sul mercato.Le donazioni, se i capi sono considerati sicuri e idonei, avvengono invece solo ed esclusivamente dopo che sono stati rimossi i loghi e i marchi contraffatti (de-branding).