da Milano
Una dopo laltra, stanno saltando soglie di resistenza importanti per leuro, incapace di reggere londa durto del dollaro. La moneta unica è scivolata ieri fino a 1,1941 dollari, il punto più basso dal maggio 2004, senza riuscire a opporre la benché minima opposizione. È lennesimo segnale del mutato atteggiamento da parte degli investitori, del maggior peso assegnato a uneconomia in crescita (quella americana) rispetto al passo lento e affannato di Eurolandia e alla divaricazione sempre più netta tra i tassi Usa e quelli determinati dalla Bce. Dopo la nona mini-stretta consecutiva orchestrata giovedì scorso da Alan Greenspan, il differenziale è salito a 1,25 punti percentuali. La volontà espressa dalla Fed di mantenere una politica di irrigidimento monetario, seppur preservando lappoccio della gradualità, è inoltre un ulteriore punto a favore del dollaro nei confronti delleuro. Sotto il profilo congiunturale, dopo linattesa revisione al rialzo del Pil Usa nel primo trimestre (più 3,8%) e lottimismo espresso dalla stessa Fed nel comunicato di chiusura della riunione del Fomc, lennesima conferma della solidità delleconomia americana è arrivata ieri dallindice manifatturiero Ism, in rialzo a 53,8 punti da 51,4 di maggio, e dal ritorno alla crescita in giugno, dopo sei mesi di ripetute flessioni, della fiducia dei consumatori misurata dallUniversità del Michigan (a 96,0 punti, contro previsioni degli analisti di 94,6). Il migliorato umore dei consumatori, dai quali dipendono i due terzi del Pil Usa, è stato determinato dal miglioramento dello scenario occupazionale e dalla flessione del prezzo della benzina rispetto ai picchi registrati ad aprile. In assenza di particolari pressioni sul fronte dellinflazione nonostante il caro-petrolio, Greenspan dovrebbe avere le mani libere per portare entro la fine dellanno il costo del denaro al 4%, così come previsto da molti economisti.
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