Alessandro M. Caprettini
da Roma
Scatta lora X: questa mattina a Lussemburgo deve prendere il via il negoziato tra Unione Europea e governo turco per ladesione di Ankara alla Ue. Ma nulla è scontato in questa fase, neppure lavvio dei colloqui se i turchi troveranno che il «quadro negoziale» che si è tentato di mettere nero su bianco faticosamente, nella notte, è troppo duro per loro. Lavevano detto già alcuni giorni or sono che prima di sedersi ad un tavolo avrebbero verificato, punto per punto, minuziosamente, le richieste che Bruxelles chiede ad Ankara di soddisfare. E ancora ieri sera il ministro degli Esteri Abdullah Gul, in impaziente attesa dello scioglimento del nodo austriaco e del testo varato dai ministri degli Esteri dei 25 non dava affatto per scontata la sua partenza per il Granducato, aggiungendo anzi dellaltro: «Se non cominciano i negoziati, non li vedo iniziare unaltra volta. Vorrà dire che a quel punto ci siederemo per riflettere, ascoltando quel che dicono altre persone, non solo in Turchia, ma nel mondo, dalla Russia alla Palestina...».
Una larvata minaccia che saccoppiava allultima, implorante dichiarazione del premier turco Erdogan il quale - nei pressi della capitale - invitava la Ue «a fare una scelta chiara ed ambiziosa». «LUnione Europea - ha detto Tayyip Erdogan - deve rendersi conto che in ballo cè il suo ruolo nei termini più generali. Il sì o il no alla Turchia per la Ue deve diventare una scelta di fondo tra lessere soltanto un club cristiano o il diventare un attore globale sulla scena internazionale».
Il «grido di dolore» turco ha fatto breccia, e non da ieri, a Londra dove si gestisce questo difficile semestre. Sono anni che Blair non fa mistero di voler allargare i confini dellUnione ai turchi (che riconoscono proprio al premier britannico ed a Berlusconi di essere gli sponsor più decisi in questo senso). E ieri, prima di volare a Lussemburgo è stato il ministro degli Esteri Jack Straw a confermare la linea: il fossato tra mondo cristiano e musulmano rischia di crescere se la Turchia viene lasciata fuori dalla Ue. «Siamo preoccupati - ha aggiunto - di un possibile scontro di civiltà e da questa divisione teologico-politica. Abbiamo bisogno di vedere la Turchia nella Ue e non che sia allontanata. Del resto gli si promette ladesione da 42 anni. Abbiamo ripetuto questa promessa cinque volte nel corso degli ultimi 10 anni. E a dicembre 2004 e ancora nel giugno scorso i leader europei hanno unanimemente dichiarato che i negoziati sarebbero iniziati il 3 ottobre!».
Formalmente, lopposizione al via delle trattative è nelle mani austriache. Schuessel, parlando al telefono con Erdogan, gli ha ribadito che Vienna vuole linserimento del «partenariato privilegiato» in caso di fallimento proprio perché tiene al fatto che Ankara resti ancorata allUnione. Ma non lo ha affatto convinto. E poi, sotto il pelo dellacqua ci sono altri paesi che non paiono propensi allingresso turco. Prova ne è luscita clamorosa su Le Journal de Dimanche del «padre» della Costituzione europea Valéry Giscard dEstaing, il quale ha ricordato come la volontà dei francesi (70% è ostile allingresso di Ankara) sia bellamente ignorata né si tiene conto che si vorrebbe unire «due insiemi in una stessa realtà». «Si denuncia spesso il fatto che i nostri Paesi vengano governati senza ascoltare quel che pensa lopinione pubblica. Ebbene: eccone la dimostrazione!»: questa la secca condanna dellex-capo dello Stato. Cui lEliseo sè limitato a rispondere altrettanto seccamente che non cè ragione alcuna «di rimangiarsi la parola data».
I colloqui - sempre che nella notte si sia trovata una formula di mediazione con gli austriaci, dopo una cena di lavoro finita in una nulla di fatto e sempre che Gul parta per il Granducato, avendo ottenuto il documento finale dei 25 - partono insomma tra mille difficoltà. Anche in Turchia del resto, ieri ad Ankara hanno sfilato in 50mila contro ladesione alla Ue, ci sono riserve e pregiudizi. Ma il dado ormai è tratto. Ed è troppo tardi per rigiocarlo.
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