Europa

Addio auto diesel e benzina. La Ue conferma l'eco-follia

Bruxelles approva lo stop alla vendita di motori «inquinanti» dal 2035. Per l’Italia sarà un disastro, ma la sinistra esulta

Addio auto diesel e benzina. La Ue conferma l'eco-follia

L’eco-follia di Bruxelles avanza imperterrita, indifferente ai tanti problemi che affliggono l’Europa. Di ieri, in proposito, l’ultimo atto di una strategia «suicida» che rischia di mettere alle corde l’industria automotive e una parte rilevante di occupati: è arrivata, infatti, la sentenza definitiva del Parlamento Ue che condanna a morte, dal 2035, i motori endotermici. Da quell’anno, dunque, non saranno più prodotti e venduti veicoli a benzina e Diesel, che però continueranno a circolare fino a esaurimento. Spazio, allora, alla sola tecnologia elettrica pura, la stessa che vede i produttori di auto cinesi (Pechino detiene intorno al 75% delle materie prime e realizza il 77% delle batterie), pronti a invadere il Vecchio continente con vetture di buona qualità, stile occidentale e soprattutto concorrenziali come listini.
È comunque indicativo come il provvedimento sia passato con 279 voti contrari e 21 astenuti, rispetto ai 340 favorevoli, segno di profonde divergenze nell’Europarlamento. Il testo approvato fissa l’obiettivo di azzerare le emissioni di CO2 di auto nuove e furgoni, in vendita nell’Ue, dal 2035, e fa parte del pacchetto «Fit for 55» per il dimezzamento delle stesse emissioni entro il 2030. È prevista un’esenzione totale per chi produce meno di 1.000 nuovi veicoli l’anno, mentre i costruttori con un volume annuo di produzione limitato (da 1.000 a 10mila nuove automobili o da 1.000 a 22mila nuovi furgoni) possono beneficiare di una deroga sino a fine 2035.
Gioisce il «papà» di questa eco-follia, il vicepresidente della Commissione Ue, l’olandese Frans Timmermans, il quale scommette anche che «tra qualche anno sarà meno costoso comprare un veicolo elettrico rispetto a uno tradizionale a motore a combustione». Oltre alla carenza di colonnine di ricarica e ai problemi legati all’energia, tra i nodi da sciogliere, infatti, c’è proprio quello del prezzo di un veicolo a sola batteria: senza incentivi o con i bonus ridotti, difficilmente questo mercato riesce ad affondare le radici nei mercati. Italia a parte, dove anche con la presenza di fondi ingenti le vendite di auto elettriche sono crollate, in Germania c’è già chi prevede, nel 2024, una caduta verticale del mercato, con il dimezzamento della quota di penetrazione dal 27,8% attuale al 14%, proprio per il significativo taglio agli ecobonus che il governo intende adottare.
E mentre le lobby elettriche, il mondo «taleban-green» e la sinistra («esce sconfitta la destra “giurrassica” che per lucrare consensi politici parla di estinzione dell’industria automobilistica italiana», commentano sarcastici gli eurodeputati Pd) si compiacciono per la eco-follia dell’Ue, dal governo Meloni si levano pesanti critiche. Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, è il capofila: «Quella presa è una decisione folle e sconcertante, contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio delle imprese e degli interessi cinesi. Ideologia, ignoranza o malafede?». E il collega Gilberto Pichetto (Ambiente e Sicurezza energetica): «Da un lato, ora, dobbiamo promuovere una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli; dall’altro, spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l’attuale impostazione del sistema produttivo dell’automotive. È necessario arrivare, a medio termine, a un comparto riconvertito più forte, con salde prospettive di sviluppo che tutelino professionalità e lavoro».


L’eurodeputato Paolo Borchia, che ha più volte battibeccato con il vicepresidente Timmermans, mette il dito nella piaga: «È certo che le colonnine per la ricarica cresceranno di numero, ma dove si prenderà tutta l’energia elettrica necessaria?».

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