Una cerimonia per cancellare le nostre radici

Al centro della cerimonia di apertura dei Giochi non c'era lo sport, ma l'annuncio di una nuova idea di mondo che sostituisce le vecchie radici europee

Una cerimonia per cancellare le nostre radici

La discussione e le polemiche sulla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi si sono concentrate sul tableau vivant che replicava in versione queer l'ultima cena. Le reazioni di chi si è sentito ferito, in primo luogo i credenti cattolici, usi a perdonare e porgere l'altra guancia e non a lavare l'offesa col sangue, sono state però così ampie da spingere gli organizzatori a negare che vi fosse un intento parodistico del notissimo dipinto raffigurante Cristo e i suoi apostoli: «Leonardo? Ma no... si voleva inscenare la rappresentazione di una semplice festa pagana, ogni somiglianza è puramente casuale». E mentre sul web impazzano prese in giro assai divertenti (come la notizia della convocazione dell'ambasciatore francese da parte del presidente iraniano, per chiedergli conto dell'offesa fatta a Gesù), dopo la prima ondata di soddisfazione iniziale per essere riusciti, ancora una volta, a épater le bourgeois, i francesi il giorno dopo hanno cercato di ridimensionare e aggiustare. Sarebbe, però, riduttivo schiacciare il dibattito come se si trattasse di una semplice contesa fra chi si è sentito gratuitamente provocato e anche offeso, e chi invece ha vissuto lo spettacolo come una festa colorata, inclusiva, al passo con i tempi. Il lunghissimo rituale della cerimonia ci racconta infatti molto altro.

La prima cosa che salta agli occhi è l'assenza completa (sottolineata anche da alcuni commentatori francesi) della cultura nazionale. Sia a livello formale che di contenuti, l'intera lunghissima rappresentazione era di forte impronta americana, e questo stupisce particolarmente in un Paese da sempre così attento a mantenere la propria identità, la propria idea di grandeur. Se c'è stata, nell'Europa contemporanea, una nazione che ha cercato di resistere alla supremazia culturale Usa, questa è stata la Francia. Evidentemente non più. I linguaggi, l'estetica, le scelte adottate per l'evento di apertura delle Olimpiadi sono quanto di meno francese si potesse immaginare. Illuminante il commento dello Spectator, secondo cui quello che è emerso è «a display of american cultural imperialism», che include tutte le articolazioni di un wokismo di importazione.

Guardando tuttavia con un po' più di distanza l'intero evento, ne emerge con maggiore nitidezza il disegno complessivo. Quella a cui abbiamo assistito è stata, credo, la rappresentazione plastica di un'operazione di sostituzione delle radici del nostro mondo, o, se vogliamo, di rifondazione del nostro occidente. E non è un caso che sia accaduto in occasione dei giochi delle Olimpiadi, cioè dell'evento millenario che è emblema per antonomasia delle più antiche radici della civiltà occidentale, quelle greco-romane.

I giochi delle Olimpiadi sono un evento fortemente simbolico, che abbiamo ereditato e considerato quasi un rito di fondazione, tanto da celebrarlo dopo migliaia di anni. Per fare un esempio fra i tanti che si potrebbero citare a supporto di questa valenza fondativa, basti pensare alla sospensione dei conflitti durante i giochi: un segnale alto di civilizzazione, di uscita dalla barbarie, che ancora ricordiamo e invochiamo a ogni edizione.

I corpi armoniosi e giovani degli atleti, la sfida dei cento metri o del salto in alto, sono la celebrazione della potenza non come mera esibizione muscolare, ma come umana aspirazione alla bellezza e alla perfezione. E non è un caso, come in tanti hanno notato, che nella cerimonia di Parigi gli atleti siano rimasti quasi ai margini, confinati nella lunga e piatta sfilata delle barche sul fiume, quasi fossero tutti uguali, di passaggio, specie se visti dalla riva; abbiamo notato la solitudine dei tedofori che portavano la torcia, alla fine, lontano dalle ali della folla, per accendere il fuoco su una mongolfiera che ovviamente si perdeva nell'aria. Non c'era lo sport, al centro, ma la rappresentazione di un mondo nuovo che sostituisce il vecchio, e per questo i giochi e gli atleti non erano centrali. Certamente non protagonisti, a malapena comprimari di una rappresentazione che voleva raffigurare, e comunicare, altro. I corpi esposti, quelli rimasti nella mente degli spettatori, sono state le figure indistinte della fluidità transgender.

La parodia dell'Ultima Cena, prima ancora che blasfema, è stata frutto della volontà, non sappiamo quanto consapevole, ma del tutto evidente, di sostituire, oltre alle radici greco-romane, anche quelle giudaico-cristiane. E forse non a caso nella versione queer del quadro di Leonardo è comparsa una bambina (o bambino): è il Nuovo Mondo che nasce e si proietta nel domani.

Le interpretazioni contrastanti, i giudizi opposti e le polemiche sull'evento di apertura delle Olimpiadi hanno coinvolto un po' tutti, destra e sinistra, laici e credenti, etero e Lgbt, francesi e persone di tutte le nazionalità, e le voci quantomeno perplesse sono state innumerevoli, da Finkielkraut a Mélenchon. Non, però, nel Pd. Il maggior partito italiano di opposizione mi pare abbia approvato festosamente la grande macchina celebrativa, considerando tutto l'insieme semplicemente come il nuovo che avanza, che porta diritti e progresso e, specularmente, le critiche come una dimostrazione di oscurantismo. Non mi sembra ci sia stata una lettura che azzardasse qualche riserva, o anche semplicemente qualche analisi più articolata. Tutto bello, tutto buono, anzi «strepitoso». Tutto inclusivo. È questa la parola magica, e pochi hanno notato che così inclusivo l'evento forse non è stato, se in tanti si sono sentiti feriti nella propria sensibilità, esclusi, o, come gli atleti, messi ai margini. Il dibattito italiano, che rimesta troppo spesso sempre gli stessi argomenti, legati a categorie talvolta desuete, ignora o sottovaluta il grande cambiamento che stiamo attraversando, e che richiederebbe chiarezza e qualche approfondimento. Quale è l'orizzonte antropologico in cui si muovono i partiti di sinistra, e in particolare il Pd? Qual è il futuro che si immagina, sotto questo profilo, per il nostro Paese, per l'Europa?

Intanto, possiamo dire che venerdì abbiamo assistito alla celebrazione liturgica di una rivoluzione, e la rivoluzione eccita i cuori, anche se stavolta è una rivoluzione antropologica.

E chi meglio della Francia poteva farlo, aggiungendovi quel tocco giacobino che è stato forse l'unico tratto culturale autoctono che si poteva notare nell'evento: tanto da mettere a cantare la testa mozzata di Sua Maestà Maria Antonietta.

* Ministro per la Famiglia

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