"Progetto razziale". L'ultima follia di Ilaria Salis

L'europarlamentare di Avs va all'attacco dell'Europa, che ha abbandonato l'ideologia seguita negli ultimi anni per fare un tuffo nella realtà

"Progetto razziale". L'ultima follia di Ilaria Salis
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L'Unione europea si sta risvegliando dal torpore in cui è stata immersa per molti anni sul fronte dell'immigrazione e, dinanzi alla necessità di riportare la sicurezza all'interno dei suoi confini, ha proposto di istituire un sistema europeo comune per i rimpatri con procedure più rapide. Il tasso di rimpatrio è attualmente al 20% in Europa e con le nuove norme ci si pone l'obiettivo di dare agli Stati membri gli strumenti necessari per rendere il processo più efficiente nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. La direzione sembra essere quella giusta per far uscire dall'Europa chi non ha diritto di permanervi ma, ovviamente, chi come Ilaria Salis vive in un mondo ideologico ora prova ad alzare le barricate.

In primis, Salis batte sul concetto di rimpatri, che a suo dire sono "deportazioni". Ma la deportazione è un atto di trasferimento forzato di individui o gruppi di persone dal loro luogo di residenza abituale verso un'altra destinazione. Chi viene rimpatriato sono i soggetti che non hanno diritto di permanenza in Europa, stranieri o destinatari di decreti di espulsione per reati commessi nel territorio dei 27. Ma per Salis "definirli rimpatri serve solo a edulcorare un atto di pura violenza sovrana contro persone private del diritto di esistere nel territorio in cui cercano di vivere". Secondo l'europarlamentare la Commissione sta assecondando le "peggiori destre". Ora che dopo anni di attentati, violenze e degrado l'Europa sta provando una nuova strada per cercare di recuperare il salvabile, l'esponente dell'estrema sinistra sostiene che "Von der Leyen l’ha sempre coperta (Giorgia Meloni, ndr), e dietro di loro c’è una Santa Alleanza reazionaria che unisce gli Stati europei nella guerra contro i migranti".

Ma quel che stanno facendo gli Stati europei è difendere il proprio territorio e la sicurezza dei loro cittadini, ai quali vengono tolte preziose risorse anche in conseguenza della presenza sul territorio di irregolari. "Mi chiedo amaramente se l’estrema destra abbia davvero bisogno di andare al potere anche in Europa, quando riesce comunque a imporre la sua agenda politica. Infatti, l’infame politica della re-migrazione è già in fase di attuazione, con la complicità trasversale di tutti i gruppi che sostengono questa Commissione (e hanno sostenuto quella precedente)", dice con rabbia Salis, che evidentemente non sa cosa significa gestire il welfare di un Paese in cui solo una parte di soggetti paga le tasse per sostenere chi, sempre di più e senza diritto, vive senza produrre. L'europarlamentare punta il dito anche contro i Socialisti e democratici, che lei definisce "smemorati" perché "dimenticano che ogni singola espulsione dalla comunità calpesta il diritto più fondamentale di tutti: il diritto ad avere diritti di ciascun individuo".

Cavalcando la più banale retorica da assemblea di istituto, Salis si chiede: "È questa l’Europa che vogliamo? Un consesso di Stati guidati da governi sovranisti e armati sino ai denti, uniti nell’implementazione di un progetto razziale?". Perché, prosegue, "questo sono i confini, i respingimenti, i campi, le deportazioni: un progetto razziale, un progetto di divisione dell’umanità tra chi ha il diritto di appartenere alla comunità, e chi no". Gran parte degli europei che hanno votato (non lei) alle ultime elezioni, visti i risultati, le risponderebbe in maniera affermativa, il che denota il mero populismo social delle sue parole. "Noi internazionalisti non accetteremo mai questa barbarie: il principio di eguaglianza vale per tutti, oppure non è. E senza eguaglianza, non potrà mai esserci pace. Infatti, la guerra è ovunque", conclude. Il gruppo parlamentare di cui lei è esponente ha 46 seggi su 720.

Se vuole continuare a portare avanti le ideologie antagoniste dei no-border, per dirne una, che si scontrano con i principi costituzionali italiani e della carta europea, probabilmente ha sbagliato lavoro. Sarebbero i centri sociali il posto adeguato per questo tipo di discorsi, non un parlamento.

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