Europa

Dopo i soldi pubblici, le Ong chiedono protezione politica alla Germania contro l'Italia

Prima applicazione di aggravante per recidiva a una nave Ong in violazione del decreto Piantedosi e ora l'organizzazione Sea-Eye chiede l'intervento politico del governo federale a difesa delle navi tedesche

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Il decreto Piantedosi inizia a trovare la sua piena attuazione. Ora che le navi Ong hanno iniziato a ricevere le ordinanze con la quantificazione delle multe relative ai blocchi precedenti, è possibile applicare ai fermi l'aggravante della recidiva, che porta a un periodo di blocco in porto superiore rispetto ai 20 giorni finora applicati. La prima nave a veder applicata in pieno la sanzione prevista per la seconda violazione del decreto Piantedosi è Sea-Eye, tedesca, che dovrà rimanere in porto a Reggio Calabria per 60 giorni. L'ordinanza è stata firmata dal procuratore locale e, come da copione, non mancano le lamentele scomposte da parte dell'organizzazione, che ora si appella alla Germania per un intervento politico contro l'Italia.

Certo, dopo aver ricevuto il supporto economico dal parlamento e dal governo di Berlino, con un versamento nelle proprie casse di 365mila euro lo scorso ottobre, ora Sea-Eye pretende che il governo tedesco intervenga politicamente a gamba tesa contro l'Italia. "Solo la Germania, in quanto Stato di bandiera, ha il diritto di sanzionare la nostra nave per condotta scorretta in acque internazionali. Ora che tre navi di salvataggio tedesche sono state sequestrate in Italia, spetta al governo federale impegnarsi finalmente e sostenere politicamente le missioni umanitarie delle navi di salvataggio tedesche", scrive Gordon Isler, portavoce della Ong tedesca. Una pretesa irreale da parte sua, visto che la nave ha chiesto il coordinamento al Mrcc di Roma e che, entrando nelle acque territoriali italiane, di fatto accetta le leggi dello Stato. E nell'impianto legislativo italiano, con buona pace di Isler, c'è anche il decreto Piantedosi, preparato dal governo e votato democraticamente da entrambe le aule del parlamento.

Al momento, da Berlino nessuno si è assunto la responsabilità politica di sostenere le ragioni di Sea-Eye. E non è certo difficile capirne il motivo, visto che l'accoglienza dei migranti che vengono raccolti dalle navi dev'essere responsabilità del Paese di bandiera. Dalla Germania sanno l'Italia può rifiutarsi di farsi carico anche di quei costi, come già sottolineato dal ministro Piantedosi alcuni mesi fa davanti all'iniziativa intrapresa da Berlino di sospendere il patto di Dublino per la ricollocazione. Intanto, oltre ai 365mila euro di soldi pubblici che Isler ha messo nelle casse della sua organizzazione, Sea-Eye riceve il finanziamento da diversi organi istituzionali tedeschi.

Qualche esempio? Tra i "partner" della Ong, come esplicitamente indicato nella pagina ufficiale dell'organizzazione, risulta il Distretto della Frisia del Nord, che è un territorio costiero della Germania settentrionale: si affaccia sul Mare del Nord e dispone di porti abili all'attracco della Sea-Eya, ed essendone partner può offrirne uno, invece di rimpinguarne le casse per far sì che i migranti arrivino in Italia. E ancora, tra i finanziatori dell'organizzazione di Isler ci sono: il Distretto di Costanza e quello di Werra-Meißner, le città di Altdorf, Bad-Bentheim, Bochum, Darmstadt, Greifswald, Colonia, Costanza, Mannheim, Osnabruk e Rostock. La nave di Isler, vista la sua stazza, può affrontare la navigazione dell'oceano Atlantico per arrivare in Germania, sbarcare i migranti in uno dei porti della Frisia settentrionale, da dove poi possono essere distribuiti nelle città partner.

In questo modo, la Sea-Eye non sarebbe più costretta a sottostare al decreto Piantedosi.

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