Dal day after del Consiglio europeo, Giorgia Meloni deve rimboccassi le maniche. L’ondata estiva dei migranti sarà difficile da tamponare, ma bisogna gettare le basi per trasformare le parole Ue sulla «dimensione esterna» della crisi in fatti concreti. La premier torna in campo mercoledì con la visita a Varsavia dopo il niet polacco al Patto sui migranti, soprattutto relativo ai ricollocamenti.
E lunedì a Roma, Matteo Salvini, leader della Lega, incontrerà Marine Le Pen del Rassemblement national. L’obiettivo è un’alleanza allargata di tutte le forze alternative alla sinistra in Europa. Una mossa che anticipa e forse ostacolerà il piano della presidente del Consiglio. Sui migranti Meloni ha ribadito che «con Polonia e Ungheria ho tentato una mediazione fino all’ultimo e continuiamo a lavorarci». La prossima tappa del “lavorio” è mercoledì a Varsavia, dove la premier giocherà un’altra partita importante e parallela. Nella capitale polacca si terrà un seminario dei Conservatori europei con all’ordine del giorno l’inedito asse con il Partito popolare (Ppe).
Giorgia sta tessendo da tempo questa tela che in prospettiva punta a dominare le elezioni europee del prossimo anno con l’obiettivo di scalzare i soliti e obbligati inciuci fra socialisti e popolari. Impresa non facile a cominciare dalla Polonia.
In autunno si voterà con il primo ministro, Mateusz Morawiecki, che fa parte dei Conservatori, insidiato da Donald Tusk, leader dell’opposizione ed ex presidente del Ppe. Il vento che soffia in Europa, dalla Grecia alla Spagna, può favorire il progetto, che porterebbe ad un super centrodestra capace di controllare il parlamento di Strasburgo. E di riflesso aiuterebbe a trovare accordi più incisivi e solidi sulla crisi migratoria. A questo punto bisognerà capire se il progetto Salvini-Le Pen sarà utile politicamente oppure alternativo e minoritario.
Il Patto varato in Lussemburgo, sempre valido nonostante l’opposizione polacca e ungherese, dovrà venire approvato dall’Europarlamento. Per i tempi biblici europei il voto arriverà nel 2024, ma in febbraio si terrà l’ultima seduta plenaria e basta un minimo ostacolo procedurale per mandare tutto all’aria.
Non è un caso che Meloni nel tessere la tela politica abbia rafforzato l’asse con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. E almeno sul tema migranti il rapporto si è dimostrato solido nel Consiglio europeo in Belgio anche con il presidente Charles Michel ed il padrone di casa, il premier olandese Mark Rutte.
Palazzo Chigi deve fare di tutto per accelerare l’accordo Ue con la Tunisia, che pur essendo uno dei principali paesi di partenza verso Lampedusa ha riportato indietro con la Guardia costiera 33mila migranti dall’inizio dell’anno. Il «parteneriato strategico» accettato da tutti i leader dei 27, se realizzato bene, farà da modello per aggredire la «dimensione esterna» del fenomeno migratorio coinvolgendo altre nazioni africane. Palazzo Chigi punterà anche su un altro aspetto che ci riguarda da vicino. Banca Intesa San Paolo conferma che il 70% delle imprese italiane sta pensando di accorciare le proprie catene produttive dalla Cina e guarda al Mediterraneo e all’Est Europa. Secondo uno studio della Cassa Depositi e Prestiti sul ruolo dell’Italia nell’era della deglobalizzazione il ritorno delle produzioni dovrebbe orientarsi anche verso la Tunisia con abbigliamento, calzature e automotive.
I tempi non saranno brevi e nel frattempo gli sbarchi aumentano: negli ultimi quattro giorni di giugno sono arrivati via mare 4170 migranti.
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