
Il dibattito sul dossier migranti è incandescente. Ieri la Corte di giustizia Ue ha smontato l’impianto italiano sui Paesi sicuri. I togati europei sono stati perentori: un governo può designare un Paese terzo come sicuro tramite decreto legge, ma soltanto a patto che quella scelta possa essere sottoposta al vaglio di un giudice. Un altolà ai centri in Albania. Ma non solo. I giudici hanno picconato una linea condivisa da gran parte dell’Europa politica. Infatti anche Francia, Germania e Bruxelles hanno appoggiato la tesi del governo Meloni: la valutazione sulla sicurezza di un Paese terzo non può essere trasformata in una decisione giurisdizionale automatica.
Il Foglio ha visionato e rese note le memorie presentate da Parigi, Berlino e Bruxelles in difesa del principio cassato dalle toghe europee. Partiamo proprio dalla Commissione europea: la memoria evidenzia che nulla nella direttiva 2013/32 impedisce che la designazione dei paesi sicuri sia contenuta in un atto legislativo, come avvenuto in Italia. Entrando nel dettaglio, l’articolo 37 parla di “normativa” e non di atto amministrativo. “La direttiva non osta all’adozione da parte degli stati membri di atti legislativi con cui vengono designati i paesi di origine sicuri” la sottolineatura del governo europeo, che ha rimarcato inoltre come il richiedente asilo e il giudice debbano poter accedere alle fonti specifiche utilizzate per la designazione, anche se questo non implica che l’atto stesso debba contenere l’elenco delle fonti.
Parigi ha posto l’accento sulla possibilità di designare un Paese come sicuro “con l’eccezione di talune categorie di persone chiaramente definite”, flessibilità negata dai giudici europei. Ancora più tranchant Berlino: “Un legislatore nazionale può designare direttamente, con un atto legislativo primario, un paese terzo come paese di origine sicuro” quanto affermato nella memoria. Ma non solo. Per il governo tedesco tale designazione “deve essere motivata” ma che è compito del giudice nazionale valutare se il Paese sia effettivamente sicuro per la persona coinvolta, nessuna censura all’atto legislativo in sé. Ma la Corte Ue ha deciso diversamente, svuotando di concetto di Paese sicuro di ogni efficacia pratica: ogni singola domanda deve essere esaminata. Con buona pace delle griglie di partenza più rapide per chi arriva da Paesi ragionevolmente stabiliti.
“La sentenza è rivoluzionaria anche per la Germania, perché anche qui valgono le linee guida europee per la classificazione dei Paesi sicuri” ha evidenziato la professoressa Pauline Endres de Oliveira, esperta di diritto migratorio, ai microfoni della Bild. Ancora più allarmista il tono di Heiko Teggatz, presidente del Sindacato Federale di Polizia: "Questi sono pessimi presagi per il successo dell'attuazione di un Sistema Comune Europeo di Asilo (CEAS)". Secondo Teggatz, il governo tedesco farebbe bene a "modificare la legislazione nazionale in modo che la transizione migratoria in Germania possa continuare, se necessario, anche senza il CEAS". Il motivo: "Ciò renderà semplicemente impossibile dichiarare gli Stati come Paesi di origine sicuri in futuro". Particolarmente controverso, secondo il rappresentante del sindacato di polizia: "La Corte di giustizia europea ha stabilito che l'intera popolazione di un Paese deve essere sicura affinché questo possa essere riconosciuto come Paese di origine sicuro, compresi alcuni gruppi di persone come gli omosessuali. E questo sarebbe discutibile anche in Germania, data l'attuale minaccia per i cittadini ebrei".
Tornando alla sentenza della Corte Ue, il ministro dell'Interno Alexander Dobrindt ha dichiarato: "Il principio di base è già valido oggi: la Germania classifica i paesi come paesi di origine sicuri solo se la popolazione è considerata sicura. Le ragioni della classificazione vengono rese note anche nell'ambito della rispettiva classificazione come paese di origine sicuro". Anche in Germania la sensazione è sempre la stessa, i tribunali limitano le azioni dei governi. "Il margine di manovra degli Stati membri è sempre più limitato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea" il monito del professore dell'Università di Bonn Christian Hillgruber: "È giusto garantire che le procedure di asilo siano conformi agli standard costituzionali.
Tuttavia, occorre anche garantire che gli Stati membri possano soddisfare le legittime aspettative dei propri cittadini in merito a una politica di asilo ordinata, senza sovraccaricare gli Stati di accoglienza. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario preservare il loro margine di manovra".