Evasione teatrale per le vittime dell’Apartheid

La rassegna «Donne in movimento» porta sotto i riflettori della Sala Uno il dramma della reclusione nel Sudafrica dell’Apartheid. Domani debutta, infatti, L’Isola di Athol Fugard, il più importante drammaturgo sudafricano, autore tra l’altro del romanzo da cui è tratto il film Tsotsi, vincitore del premio Oscar. Lo spettacolo, con la regia di Marta Gilmore, rimarrà in cartellone fino al 4 febbraio per poi trasferirsi a Rebibbia dove il giorno dopo inaugurerà la rassegna organizzata presso la sezione femminile del penitenziario. L’isola del titolo è Robben Island, carcere di massima sicurezza, dove lo stesso Nelson Mandela trascorse gran parte della sua trentennale prigionia. John e Winston, i due protagonisti sono reclusi a Robben Island per aver contestato il regime. Sono in cella insieme da tre anni e come una vecchia coppia condividono i rituali e la fatica della vita in comune. L'isola non vuole essere uno spettacolo descrittivo della claustrofobia del carcere, ma il suo opposto: John e Winston giocano come due bambini con la realtà che li circonda e così facendo ne creano un’altra: una scatola di latta diventa un telefono, la coperta della cella un sipario. E infine lo spazio della cella diventerà veramente un palcoscenico.

John, con una corona fatta di fil di rame, sarà Creonte, il re della città di Tebe, e Winston l’ergastolano sarà Antigone, sepolta viva per essersi ribellata alle leggi del re. Lo spettacolo riesce profondo e divertente a un tempo con una maschera di Antigone che riesce a riscattare la condizione di detenuto.

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