Gli ex camalli scaricati dai politici sull’amianto

I lavoratori portuali pronti a fare ricorso in Europa: «Ci negano persino un incontro»

Tempo scaduto. La pazienza dei camalli è finita. La pazienza degli ex camalli, per essere precisi. Quelli che erano stati già beffati una volta dalla legge sull’amianto e che ora sono stati presi in giro da chi, finito il tempo delle promesse elettorali, si è già dimenticato di loro. I pensionati che erano riusciti a conquistare il meritato riposo già prima del 1992erano anche stati esclusi dai benefici concessi dalla legge a chi aveva lavorato a contatto dell’amianto sulle banchine. E i camalli, fin dal primo dopoguerra, l’amianto se lo caricavano sulle spalle in sacchi contenenti materia prima in fibra, quindi facilmente respirabile. Chi nel ’92 non era ancora in pesnione ha ottenuto enormi «sconti» di anni lavorativi e anche diritti sanitari ed economici. Chi in pensione c’era già è rimasto quello di prima.
Ora che in tutta Italia sono rimasti in pochissimi, circa 3.800 ancora vivi, gli ex camalli chiedono almeno di vedersi trattare al pari dei colleghi più fortunati. E oltre a un ritocchino della pensione (150 euro lordi al mese), roba che costerebbe alle casse dello Stato una manciata di milioni di euro, chiedono almeno il diritto alle cure in caso di malattia professionale, il mesotelioma pleurico che ha già ucciso e continua a uccidere molti ex camalli che hanno maneggiato tonnellate di amianto.
Ma appunto, dopo tante promesse, per gli scaricatori è arrivato il momento di essere nuovamente scaricati. «Da destra a sinistra siamo stati traditi da tutti - attaccano Attilio Gattorno e Libero Bugatto, del Comitato ex Lavoratori portuali Culmv -. Tutti ci dicevano che dopo le elezioni si sarebbero interessati a noi. Ora, dobbiamo essere sinceri, proprio chi è andato al governo, quella sinistra che dovrebbe tutelarci di più, ci snobba». Fanno anche nomi ed esempi. «L’autorità portuale di Giovanni Novi e l’assessore comunale Mario Margini ci avevano promesso un incontro congiunto - ricordano gli ex camalli -. Li abbiamo ancora sollecitati, ma non ci fanno sapere più niente. Dal governo e dal parlamento non arrivano notizie. Non che sia andata meglio, ma almeno i rappresentanti della destra ci erano stati a sentire».

Rimettono mano nelle loro carte, gli ex camalli, e vedono che ci sarebbe anche la copertura finanziaria per le loro richieste minime. Ma, visto che la politica italiana li ha traditi, ora si preparano a far sentire la loro voce alla Corte di giustizia europea.

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