Ex guerriglieri e trans, gli «ingestibili» di Fausto

L’autonomo Caruso vuole sciogliere i Ros, Luxuria lotterà per i matrimoni omosessuali

Emanuela Fontana

da Roma

Massimo D’Alema li ha definiti senza giri di parole gli ingestibili. «Ci porta Caruso e Luxuria in Parlamento - ha detto riferendosi a Fausto Bertinotti - e poi tocca a noi gestirli?». Il leader no global e la neodeputata transgender sono solo due di un gruppetto di onorevoli di Rifondazione che hanno il profilo giusto per essere definiti gli «incendiari» della futura maggioranza. Oltre ai due eletti citati dal presidente Ds, ci sono anche il portavoce del centro sociale Leoncavallo, un palestinese che non ha mai nascosto il suo odio per Ariel Sharon, e, al Senato, un ex guerrigliero brasiliano nella lista dei personaggi dalle idee piuttosto rivoluzionarie per una coalizione che, dall’altra parte, si estende fino a Clemente Mastella.
Nelle loro mani sono affidate le speranze delle generazioni di giovani no global, degli immigrati che aspirano al permesso di soggiorno senza transitare dai centri di prima accoglienza e delle associazioni omosessuali che contano su una veloce istituzione dei Pacs, i patti di civile convivenza, e, chissà, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso sulla linea zapaterista avviata dalla Spagna.
Sono una candidata «scomoda» aveva detto Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria, in campagna elettorale, chiarendo che Rifondazione era l’unico partito che aveva avuto «il coraggio» di mettere il suo nome in lista e aveva spiegato come si sarebbe mossa fin dal primo giorno: «Il mio compito sarà quello di costringere lo Stato ad affrontare anche le tematiche più scomode senza fare finta di niente e voltarsi dall’altra parte». Nel suo programma ha inserito, oltre ai Pacs e alla sburocratizzazione del passaggio da un sesso all’altro, «la liberalizzazione delle droghe leggere e distribuzione controllata di quelle pesanti per una politica di riduzione del danno».
Caruso era riuscito a mettere in imbarazzo alleati e compagni di partito quando aveva sparato: «Evoco i kamikaze, e allora? Non mi sento di giudicarli. Il kamikaze, in fondo, è una forma di disperazione sociale». E nella stessa occasione aveva precisato: ««Fanno bene, Fassino e Prodi e tutti gli altri, ad aver paura della mia candidatura. Perché sarò un virus che metterà in discussione i loro privilegi. Sarò il grimaldello dei disoccupati, degli emarginati, dei senzacasa. Meglio essere uno di Hamas all’italiana, che un Mastella alla palestinese». Parlando del suo futuro di probabile deputato, il «grimaldello» napoletano aveva chiarito di non volersi mettere in giacca e cravatta e fare il borghese solo perché passeggerà in Transatlantico: «Io continuerò a stare nei centri sociali, per occupare case, bloccare binari, arrampicarmi sugli alberi. Mi piacerebbe anche riuscire a sciogliere il Ros, il Reparto operativo speciale dei carabinieri. Gente pessima. Mi sbaglio o sono indagati per un giro di droga?».
Alì Rashid ha posizioni a suo modo moderate, ma una sua frase su Ariel Sharon ha mandato su tutte le furie la comunità ebraica e in particolare l’ambasciatore Ehud Gol. Il neodeputato di Rifondazione ha definito l’ex premier israeliano «criminale di guerra» in un’intervista al Giornale. Gol ha reagito con durezza: «Le cose dette da Alì Rashid sul nostro premier Sharon non meritano neppure una risposta. È una persona senza onore - è andato giù pesante l’ambasciatore - la sua candidatura è una vergogna per l’Italia, è una vergogna anche per i palestinesi. Io posso accettare un rappresentante palestinese che è un patriota, ma lui è un patriota della comodità. Qui in Italia».
È passata un po’ in silenzio invece la nomina a senatore di uno antimondialista brasiliano, José Luiz del Roio, rappresentante del Forum mondiale delle Alternative nel Consiglio internazionale del forum sociale mondiale, storico, e con un passato nella guerriglia che non nasconde: dopo il colpo di stato del 1964 in Brasile, «ho lottato nella clandestinità contro la dittatura con il nome di battaglia “Francisco”», racconta di sé.


Infine passa da palazzo Marino all’aula di Montecitorio lo storico portavoce del Leoncavallo di Milano e leader antiproibizionista Daniele Farina, che a fine marzo, come tutti gli anni, ha partecipato alla «festa della semina» al Leonka, dove si offre cannabis collettiva per festeggiare il tradizionale evento. Farina è anche tra i firmatari della petizione per la scarcerazione dei 25 autonomi arrestati a marzo dopo i violenti atti vandalici di corso Buenos Aires condannati anche da buona parte della sinistra.

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