Quello schiaffo a Malpensa per puntare su Fiumicino
Lo schiaffo del governo Prodi a Malpensa potrebbe già fare la sua prima vittima. Se Milano dovesse perdere l’Expo, sarà difficile non pensare che la «svendita» di Alitalia e il drastico ridimensionamento dello scalo lombardo non abbiano giocato un ruolo importante nel giudizio dei commissari del Bureau international des expositions. Difficile convincere la comunità internazionale della centralità di Milano, quando lo stesso governo nazionale con il premier Romano Prodi e il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa hanno deciso di consegnare alla Francia la compagnia di bandiera e puntare sull’hub romano di Fiumicino. Nonostante i numeri del trasporto merci e passeggeri dicano tutt’altro. Come convincerli ad assegnare all’Italia una manifestazione che in sei mesi attirerà 29 milioni di visitatori quando il ridimensionamento dell’aeroporto varesino potrebbe trasformare in un’avventura il viaggio verso Milano? Che senso avrebbe potenziare strade, autostrade e infrastrutture quando i piani di sviluppo continuano a guardare più a Roma che alla Lombardia? Locomotiva d’Italia, ma solo quando c’è da tirare la carretta e pagare le tasse.
Tutto nelle mani di Craxi. D'Alema è rimasto defilato
Mentre i ministri del governo Prodi latitano, in Turchia si danno tutti da fare. In un gioco di squadra che rischia di diventar decisivo. «Chi spera in difficoltà di buoni rapporti tra noi e Ankara sbaglia di grosso», ha risposto il sindaco di Smirne Aziz Kocaoglu a chi gli faceva notare la differenza di colore politico tra il governo e la città. Lo stesso, almeno a parole, ha assicurato il primo ministro Romano Prodi all’inizio dell’avventura. Salvo poi affidare la delega all’Expo non al ministro degli Esteri Massimo D’Alema, ma al sottosegretario Bobo Craxi. Che, per la verità, ha girato il mondo. Ma, sicuramente, visto il ruolo, con meno autorevolezza del responsabile della Farnesina. Pochi giorni fa, invece, il presidente turco Abdullah Gül è andato personalmente in Senegal alla riunione dell’Oic, l’Organizzazione della conferenza islamica: ben 56 Paesi ai chiedere il voto per battere Milano e, visto che c’era, anche un appoggio per far diventare la Turchia membro non permanente del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. «La candidatura di Smirne per l’Expo è un impegno nazionale, una meta a cui tende con orgoglio tutta la Turchia», ripetono come un mantra in riva all’Egeo.
Col sonno della diplomazia perso l'appoggio all'estero
L'asse di ferro Russia-Germania. Il blocco compatto dei Paesi islamici, la solidarietà di una parte di quelli in via di sviluppo. La simpatia della Cina, quella velata degli Stati Uniti. Gli appoggi internazionali della diplomazia turca potrebbero essere più decisivi rispetto a quelli destinati ad appoggiare la candidatura di Milano. Forse un’eredità del passato. O magari di una posizione geografica che favorisce Smirne. Con le potenze occidentali interessate ad avere una base d’appoggio o perlomeno un Paese non ostile nel cuore dell’Islam. Lì dove si giocherà molto del destino futuro del Pianeta. Certo l’occasione era importante. E, soprattutto, il governo di centrosinistra avrebbe fatto meglio a ricordare e magari a imitare, l’attivismo dei predecessori. Indubbio che, Berlusconi premier, ben diversa fosse la considerazione dell’Italia presso la comunità internazionale. Oggi, invece, nemmeno una manifestazione di grandissimo prestigio riesce a convincere la Farnesina a un impegno che vada al di là dell’ordinaria amministrazione. A meno che il motivo di tanta freddezza non sia che a Milano e in Lombardia, guarda caso, a governare c’è da anni il centrodestra.
L'immagine offuscata da rifiuti e instabilità politica
Se Smirne «vola leggera come una farfalla e punge come un’ape», scrivono i giornali turchi, può farcela a battere Milano. A leggere quotidiani e soprattutto siti ed edizioni internet, si scopre come sulle sponde dell’Egeo si riproponga la corsa all’Expo come una nuova sfida tra Davide e Golia. Anche se, da quelle parti, del complesso d’inferiorità sembra proprio non soffrire. Soprattutto oggi che l’immagine dell’Italia sembra offuscata. Difficile dimenticare le foto di Napoli assediata dai cumuli di spazzatura che hanno fatto il giro del mondo. Con il governatore Antonio Bassolino e il sindaco Rosa Russo Iervolino (entrambi di centrosinistra) ancora e nonostante tutto al loro posto. Tutti fatti che, nonostante gli sforzi della diplomazia guidata dalla Moratti, potrebbe pesare sul verdetto finale. Con molti Paesi incerti, convinti all’ultimo momento. Così basta aprire il sito ufficiale di Smirne candidata e consultare la rassegna stampa per trovare articoli e commenti dei maggiori osservatori che quotidianamente puntano il dito sull’instabilità della politica italiana, sull’economia che non gira, sugli italiani preoccupati da globalizzazione, immigrazione e tasse.
Una sfida sottovalutata: "Sarà una passeggiata"
«Smirne? Sarà una passeggiata, abbiamo già vinto». C’era ben più che ottimismo a Roma al ministero il giorno della candidatura di Milano contro la città turca. Un grave errore sottovalutare l’avversaria. Magari dimenticando che proprio lì nacque Omero, uno dei padri della civiltà. E non molto lontano Ippocrate e con lui la medicina moderna. Magari anche che oggi la Perla dell’Egeo è la terza città della Turchia con i suoi tre milioni di abitanti, ha un reddito pro-capite decisamente più alto della media nazionale, è il principale porto di esportazione del Paese e qui hanno stabilito il centro dei loro affari e interessi grandi multinazionali come le americane General Motors, Philip Morris, RJ Reynolds, Citibank, la coreana Samsung, le tedesche Karstadt e Hugo Boss, le svedesi Abb e Volvo e la nostra Eldor. Ma Smirne non è solo un importante polo commerciale perché a giugno ospita un festival internazionale dell’arte e a settembre la fiera internazionale.
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