Cronaca locale

Expo, falda avvelenata sequestrati terreni

Sigilli a un terreno di 300mila metri quadrati su cui deve sorgere un nuovo quartiere. Da lì doveva passare una delle vie d’acqua per l’Expo. Il Comune: "L’inchiesta non riguarda direttamente l’esposizione ma una proprietà privata"

Expo, falda avvelenata 
sequestrati terreni

L’assessore Carlo Masseroli, meno di un mese fa, l’aveva presentata così. «Grazie a questo intervento trasformeremo una grande area degradata in un parco, e doteremo la città di 300mila metri quadrati di nuovo verde». Era il progetto di riqualificazione del quartiere Bisceglie-calchi Taeggi, alla periferia ovest di Milano. Giardini, nuovi alloggi, un asilo, un centro per disabili e uno per anziani. Era, e ora rischia di non essere più. Perché ieri la Procura ha disposto il sequestro di quei terreni per irregolarità nelle bonifiche autorizzate dal Comune, e per la presenza - su quei terreni da 300mila metri quadrati - di metalli tossici e diossina.
Si tratta dell’ex cava di Garegnano, in cui l’Asl, l’Arpa e il Corpo forestale dello Stato hanno rilevato nella falda acquifera a 30 metri dalla superficie sostanze cancerogene, altamente inquinanti e pericolose per la salute pubblica. Il terreno rientrava nel Piano integrato di intervento approvato nel 2007 da Palazzo Marino ed è stato incluso dall’amministrazione comunale in un progetto di riqualificazione dei parchi a ovest della città in vista dell’esposizione universale del 2015. «Si tratta di un’area privata che nulla ha a che vedere con l’Expo di Milano - assicura Masseroli -. Siamo davanti a un’area privata che, a fronte del progetto di riqualificazione, sarà ceduta per l’80% al Comune di Milano come parco pubblico e poi messa a sistema con gli altri parchi dell’area ovest di Milano per costituire un tassello delle future vie d’acqua dell’Expo».
Per il pm Paola Pirotta, titolare dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, l’ex cava Garegnano sarebbe stata utilizzata per anni come discarica, una «pattumiera» che - secondo l’ipotesi investigativa - continua a nascondere una montagna di veleni. La società Expo non risulta in alcun modo coinvolta. Altro discorso, invece, per i proprietari dell’area (l’«Antica Acqua Pia Marcia Spa, del gruppo Caltagirone, e la «Torri Parchi Bisceglie Srl»), per per la «Emme spa» e «Arcadis Set srl», invece, avrebbero dovuto occuparsi della bonifica. Ma di bonifiche, secondo la Procura, non ne sono mai state fatte. Il motivo? Banalmente, il costo. Le imprese avrebbero dovuto spendere 165 milioni di euro (700 euro al metro quadro), molto di più del valore dell’area che si aggira sui 120 euro al metro quadro. Una decina gli indagati nei confronti dei quali la Procura ha aperto un fascicolo ipotizzando i reati di avvelenamento delle acque, omessa bonifica e gestione di discarica. Sotto inchesta anche due funzionari pubblici. Le «procedure adottate dal Comune di Milano e avallate dalla Provincia» per la «messa in sicurezza» dell’area - si legge infatti in una relazione consegnata dai tecnici Arpa ai pm - sono «tutte illegittime», e avrebbero «apportato un vantaggio patrimoniale» per le società a cui è stata affidata la bonifica.
Proprio su quei terreni stavano cominciando lavori di costruzione, bloccati dall’intervento della magistratura. I tecnici di Asl e Arpa hanno rilevato come la falda acquifera sia inquinata da metalli tossici, pesticidi, diossina, fenoli, solventi e altre sostanze cancerogene. In particolare, i più compromessi sarebbero proprio i terreni che si estendono a ridosso dell’ex cava, dove - fin dagli anni ’50 - sarebbero stati accumulato rifiuti per un milione e 800mila metri cubi. Eppure il progetto urbanistico era pronto a partire. E pure in grande stile: 2.600 nuovi alloggi (l’80% dei quali in edilizia convenzionata), centri per anziani e giovani, un centro per l’infanzia con un nido da 60 posti e un asilo da 90, un centro polisportivo, un centro polifunzionale gestito dalla Comunità Nuova di don Gino Rigodi, una residenza sanitaria per disabili in gestione alla Fondazione Don Gnocchi.

Come dice un investigatrore, «un paradiso sull’immondizia».

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