Expo, la macchina riparte. Spuntano i soldi

La Regione Lombardia stanzia due milioni. Aumento di capitale anche da Provincia e Camera di Commercio In discussione la struttura della società, torna il modello delle Olimpiadi di Torino. Bracco: «I soci facciano il punto»

Arrivano i soldi per l’Expo e a breve sono attese anche le modifiche all’assetto della società. I fondi per ripartire sono stati stanziati: un milione dalla Provincia e un milione dalla Camera di commercio, due milioni arriveranno dalla Regione (annunciati per la giunta di domani). Manca il Tesoro e soprattutto il Comune, rimasto un po’ nell’angolo, che ha rinviato la delibera e potrebbe stanziare i fondi venerdì.
«Un tagliando per l’Expo» ha chiesto pochi giorni fa Roberto Formigoni, sottolineando il problema della società che non decolla. Come lui il presidente della Provincia, Filippo Penati, convinto da tempo che sia arrivata l’ora di ridefinire la vicenda con il governo. Pian piano sono usciti allo scoperto anche gli altri soci della società di gestione. Ieri è toccato a Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria e “azionista di riferimento” della presidente di Assolombarda e del consiglio d’amministrazione di Expo, Diana Bracco. «È importante che la società venga ricapitalizzata, che possa lavorare e che venga trovato un accordo sulla governance» le parole della Marcegaglia durante la prima giornata della Mobility Conference, ospitata nella sede di Assolombarda.
Una richiesta di assestamento che si aggiunge alle altre, condivisa dal presidente della Camera di commercio, Carlo Sangalli. «È auspicabile che i soci si ritrovino intorno a un tavolo per risolvere alcuni nodi e per rilanciare il progetto» dice Sangalli. E anche la Bracco, dopo aver chiesto i dieci milioni di euro per rimpinguare le casse della società, è tornata a insistere. È ora necessario fare il punto tra i soci e procedere alla ricapitalizzazione, che è ormai condicio sine qua non».
Fare il punto tra i soci significa tornare in assemblea e discutere ciò che a un certo punto sembrava acquisito, a partire dal ruolo e dalle deleghe chieste da Paolo Glisenti, l’uomo di Palazzo Marino nell’Expo. Le richieste dell’amministratore delegato indicato dalla Moratti non hanno convinto i soci né i revisori e le varie difficoltà emerse hanno portato a riconsiderare la stessa questione della governance.
L’ipotesi originaria del Tesoro, a cui qualcuno fa riprendere quota in questi giorni, era un assetto simile alla struttura societaria che ha gestito le Olimpiadi invernali di Torino, riuscite (pur tra mille polemiche) anche grazie a interventi straordinari del governo. La Toroc (un po’ l’equivalente della Soge di Expo) aveva competenze legate all’organizzazione dell’evento e era però una fondazione che doveva finanziarsi attraverso gli investimenti privati di aziende sponsor e diritti televisivi. Presidente era il sindaco ed erano coinvolti Comune, Provincia, Regione Comunità montane, Coni e Federazioni sportive.

L’Agenzia Torino 2006, invece, era la stazione appaltante delle infrastrutture e degli impianti, sotto la vigilanza della presidenza del Consiglio dei ministri. Ai vertici un direttore generale. Un modello a cui il «tagliando» Expo potrebbe, sia pur molto liberamente, ispirarsi. E torna in mente l’ex ministro, Lucio Stanca, o un’altra figura di questo livello.

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