La fabbrica delle modelle: è l'islam la nuova mecca

Ecco chi sono le ragazze da passerella. Dopo le bionde dell'Est c'è la carica delle more che arrivano dai Paesi musulmani

La fabbrica delle modelle: è l'islam la nuova mecca

Le chiamano «gambe leggendarie». E da Milano sono passate davvero tutte. Una volta erano quelle delle top che ancora oggi, a 50 anni suonati, restano tali, lavorando per poche, selezionatissime (e strapagate) campagne pubblicitarie. Come Linda Evangelista, che all'epoca si esprimeva snocciolando cifre da capogiro con frasi diventate veri e propri manifesti di una professione-sogno, per tanti versi simile a quella di una rockstar. «Non mi alzo dal letto per meno di 10mila dollari al giorno» diceva la donna-camaleonte quando, con Naomi Campbell e Christy Turlington (entrambe ancora sulla cresta dell'onda) formavano la cosiddetta «triade» di supermodelle iconiche, corteggiate come dive da stilisti del calibro di Gianni Versace e immortalate da mostri sacri dell'obiettivo come Richard Avedon. Oggi la scelta è molto più ampia, i social network hanno un ruolo determinante e una modella che resti anni sulla cresta dell'onda è una rarità.

LO SBARCO DELL'ISLAM

«Gli anni Ottanta e Novanta sono finiti - spiega Valter Donnini, dal 1992 responsabile della divisione donna della Fashion model management di Milano, che ha fatto sfilare dee come Jasmeen Ghauri, Helena Christensen, Carla Bruni, Monica Bellucci, Claudia Schiffer e, fino a tre mesi fa, ha rappresentato in esclusiva in Italia Cara Delavingne -. Gli stilisti non vogliono più donne che, con la loro figura, possono prevalere sul marchio. Ci sono tendenze piuttosto uniformi, stagione per stagione. Sono moltissime le ragazze che fanno questo lavoro: arrivano dal Kazakistan, dall'Alaska e ora anche dai Paesi musulmani. E non ci sono più solo le 16enni ma sempre più spesso le ragazze iniziano a sfilare tra i 20 e i 21 anni. Nonostante ci sia una grandissima scelta, sono pochissime quelle che riescono a far parlare di sé per più di due-tre stagioni, sono molto più usa e getta. Quel che voglio dire è che non è più una carriera al cento per cento, ma piuttosto un lavoro di transizione tra lo studio e il momento di metter su famiglia. Le ragazze lo sanno e provano». Lo stesso discorso, per Donnini, vale per la fotografia. «Prima dietro l'obbiettivo, e dietro al successo di una modella, c'erano dei veri e propri maestri; oggi le ragazze si fotografano anche da sole con il cellulare e poi mettono gli scatti sui social. E accade che i clienti riducano la pubblicità sulle pubblicazioni cartacee e su internet ma insistano invece sul social della ragazza stessa, com'è successo, per esempio a Elena Beatriz Barros».

SECCHIONE E TECNOLOGICHE

Anche Marzia Bava e Alessandra Donghi ai vertici dell'agenzia di modelle di via Morimondo Why Not che ha rappresentato in Italia nomi internazionali come Naomi Campbell, Ester Cañadas, Natalia Vodianova, Jacquetta Wheeler e, più recentemente, Saskia de Brauw, parlano di quanto sia cambiato nell'era digitale il mestiere di modella. «Oggi le ragazze non pensano a questa professione necessariamente come a qualcosa da fare a tempo indeterminato - spiega Bava -. Studiano tutte, finiscono l'università, hanno progettualità differenti anche perché sono sempre più consapevoli di vivere in un mondo globale, che cambia a una velocità vertiginosa. Se negli anni '70 o '80 per chi faceva questo mestiere approdare a Parigi a 16 anni era un miraggio o, comunque, significava trovarsi in una terra sconosciuta, adesso il mondo, grazie a internet, è molto più vicino. Sono le ragazze stesse che si vedono attraverso i social network, adesso non occorre più aspettare quella determinata sfilata per sapere che taglio avrà quella particolare modella, come accadeva, per esempio, negli anni Ottanta, con fenomeni come la Evangelista. E quando arrivano qui da noi hanno già una personalità ben definita».

LA PERSONALITÀ NON È UN OPTIONAL

Ma cosa occorre allora, a chi volesse diventare davvero una modella di successo? «Non è vero, intanto, che oggi le ragazze sono giovanissime e che perlopiù vengono dall'Est Europa - premette Donghi -. Vengono da tutto il mondo. La bellezza è molto soggettiva. Più che ricercare giovani donne che siano almeno un metro e 75 (l'altezza conta fino a un certo punto, basta vedere Kate Moss) qui alla Why Not cerchiamo ragazze con grande personalità, nel senso che devono essere interpreti ideali del loro tempo e quindi di più ruoli, di tendenza, moderne. Poi c'è il cliente che preferisce la modella più bella e quello che la vuole più particolare e innovativa, chi la sceglie solo per la passerella - e quindi, spesso (ma non sempre) ha determinate esigenze di altezza - o chi la utilizza esclusivamente per la campagna. Qui a Milano rappresentiamo una modella di un metro e 70, una ragazza con un carattere molto piacevole, che lavora praticamente ogni giorno e piace a più clienti. Perché gli stilisti hanno in mente un loro percorso, ma non vanno a misure, vanno a visione globale». «L'importante è vederci qualcosa non appena arrivano qui, magari un po' allo sbaraglio, chiedendo consiglio. Se hanno un'eleganza naturale, un piglio particolare che colpisce non appena le guardi, il book (cioè il libro fotografico che un tempo era compagno obbligato dell'aspirante modella ndr) non serve. Certo, se si presenta quella con il super fisico, vale sempre più il concetto della lavagna nera su cui puoi scrivere di tutto: al taglio e al colore dei capelli ci pensiamo noi, abbiamo uno staff apposta».

IL QUID

Alessandra Donghi ammette che quando si «innamora» di una modella, ci crede fino in fondo. «Ci sono donne, come Stella Tennant, che sono belle anche sedute a terra, con l'orecchino nel naso e i capelli unti di gel, mentre sferruzzano nel backstage di una sfilata. Anzi: sono più belle così che quando sono truccatissime. Quelle sono al di sopra delle altre, quelle sono il mio genere. Anche Natalia Vodianova quando la vidi la prima volta, in Russia, in una agenzia, aveva solo 16 anni, era favolosa, ma era anche una ragazza di grande dolcezza, con un'intelligenza e un'empatia innate. E infatti è diventata una star». Donghi predilige una bellezza meno classica, un naso importante, i capelli mossi naturali. «Annie Morton, spesso fotografata da Jurgen Teller, non ha un fisico eccezionale, ha il viso leggermente più grande rispetto al corpo, ma è fantastica per la sua comunicatività innata».

Per Valter Donnini la marcia in più, l'elemento vincente che può fare di una modella una top, soprattutto per la sua grande resa fotografica - com'è successo alla brasiliana Gisèle Buendchen, scoperta nel 1994 dall'agenzia Élite Model in un McDonald's di San Paolo, che pochi mesi dopo vinse a Parigi il concorso per modelle emergenti Elite Model Look ed è ancora, a 35 anni e madre di due figli, tra le mannequin più pagate al mondo - è invece «un dono di natura nell'essenza di essere donna, potendo plasmare la propria personalità nel modo richiesto da ogni cliente. Le bambole che non parlano, tanto per intenderci, non piacciono. Credo che una grande modella debba anche sforzarsi di far emergere la propria bellezza interiore se vuole davvero farcela».

ALTEZZA NON È BELLEZZA

In ogni caso, personalità o meno, non vorrete farci credere che tutte possano mai fare le modelle? «Certo - conferma Donnini -, una determinata struttura fisica ti permette di essere un passepartout per qualunque cliente, di ispirarlo anche se la sua idea iniziale è differente. Di recente mi è capitata una ragazza di un metro e 78, con gambe pazzesche e naturali, cresciuta così, senza diete, un viso pulito e uno sguardo intenso, che ha mandato a monte il progetto iniziale di una griffe che, pur di avere lei come testimonial, ha mutato la campagna da cima a fondo. Come è accaduto con Cara Delavingne, che è un metro e 74, non altissima quindi e di forme minute, ma con una tale energia che un nostro cliente importante per lei ha accorciato e stretto gli abiti. Ci sono bellezze molto commerciali, non faccio nomi, che saranno pure sexy e sulla bocca di tutti anche per i gossip attorno a loro, ma che per me sono rose sfiorite. Pur possedendo molti requisiti fisici, non potrebbero mai, anche ricominciando da capo, diventare una vera modella perché la gente è più attratta da loro come bombe sexy che da qualsiasi cosa indossino.

Il contrario esatto, ad esempio, di una ragazza come Bianca Balti, un talento naturale, una donna che può essere sexy, trasgressiva, lesbo-chic. Le modelle non sono mai starlette, ma possono diventare attrici, anche notevoli, basta guardare il caso di Monica Bellucci».

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