Farmaci e terapie

Donanemab, il farmaco che promette miracoli per l'Alzheimer

È in avanzata fase di sperimentazione un nuovo farmacon contro l'Alzheimer che sta dando ottimi risultati soprattutto nel rallentamento dei sintomi della malattia

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Sono estremamente promettenti i dati pubblicati dall'azienda farmaceutica statunitense Eli Lilly su uno studio di fase tre (quando il farmaco viene somministrato ai pazienti e serve a determinare quanto è efficace, se ha qualche beneficio in più rispetto a farmaci simili già in commercio, e qual è il rapporto tra rischio e beneficio, ndr), per il donanemab, un anticorpo monoclonale che sembra avere buoni effetti nel ridurre la presenza delle cosiddette "placche amiloidi", una delle cause più accreditate dell'insorgenza e della progressione dell’Alzheimer.

Se i dati iniziali fossero confermati con studi scientifici in peer review (una metodologia e insieme un processo di valutazione di merito sui prodotti della ricerca, affidata a esperti riconosciuti e autorevoli nelle medesime discipline accademiche e di ricerca, ndr), sarebbe un enorme passo avanti che andrebbe a contrastare i sintomi di questo tipo di malattie neurodegenerative, che ogni anno in italia colpiscono oltre 600.000 persone.

Come funziona il donanemab

Il farmaco "prende di mira" le placche di proteine beta amiloide, depositi proteici extracellulari che si pensa possano causare il malfunzionamento, e quindi la morte, dei neuroni. Il donanemab si legherebbe a queste, facilitandone l'eliminazione. La sperimentazione - come detto non ancora conclusa - è stata fatta su oltre 1.700 pazienti che mostravano i primi segni della malattia, e in questi ha rallentato il declino cognitivo e funzionale del 35% rispetto al farmaci placebo. In un articolo pubblicato dalla rivista scientifica Science, viene spiegato come il rallentamento nella progressione dell'Alzheimer è stato riscontrato con due diverse valutazioni, che hanno monitorato le funzioni fisiche e cognitive dei pazienti, nell'arco di 18 mesi.

Come prima cosa si è cercato di capire se il farmaco, somministrato per infusione, quindi per via endovenosa, impattasse sulle azioni della vita quotidiana dei pazienti. Secondo la scala di valutazione integrata della malattia di Alzheimer (iADRS) si è visto, come accennato sopra, un rallentamento dei sintomi del 35% e si è arrivati al 36% utilizzandone un'altra, la Clinical Dementia Rating-Sum of Boxes o CDR-SB, che raccoglie le valutazioni cliniche e dei caregiver, per attestare la gravità della demenza.

L'azienda farmaceutica ha inoltre riferito che nel 47% dei pazienti trattati, la severità dei sintomi è rimasta stabile per un anno. Lo stesso è accaduto soltanto nel 29% dei pazienti che hanno ricevuto un placebo. Sulla base di questi dati positivi, il donanemab sembra più efficace del lecanemab, altro anticorpo monoclonale allo studio per il trattamento delle persone affette da questa malattia neurodegnerativa. “Siamo estremamente soddisfatti che donanemab abbia dato risultati clinici positivi, con una significatività statistica convincente, per le persone affette dalla malattia di Alzheimer in questo studio” ha spiegato Daniel Skovronsky, responsabile scientifico e medico di Lilly. “Si tratta del primo studio di fase 3 di un farmaco in fase di sperimentazione per la malattia di Alzheimer che ha ottenuto un rallentamento del 35% del declino clinico e funzionale”.

Gli effetti collaterali

Trattandosi di un farmaco ancora in via di sperimentazione, i risultati raggiunti sono incoraggianti, ma non è privo di effetti collaterali. Alcuni pazienti hanno sviluppato una condizione detta Aria (amyloid-related imaging abnormalities), che consiste nell’insorgenza di rigonfiamenti temporanei in alcune aree del cervello (Aria-E) o in microemorragie (Aria-H), talvolta osservate a seguito del trattamento con questa classe di anticorpi monoclonali.

Il 24% dei partecipanti trattati con donanemab hanno sviluppato Aria-E, mentre il 31,4% hanno presentato i sintomi legati all’altra condizione, Aria-H, contro il 13,6% dei pazienti trattati con placebo. Secondo quanto riportato dall’azienda farmaceutica, nella maggior parte dei casi si è trattato di sintomi valutati come lievi o moderati, mentre un 1,6% ha sviluppato una sintomatologia grave.

Tre pazienti sarebbero morti durante il trial per cause forse attribuibili ad Aria.

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