Convivere con una malattia mentale non è facile. Ma a volte è difficile anche giungere a una diagnosi o al corretto dosaggio dei farmaci. Questo è vero per diversi disturbi, e in particolare accade con schizofrenia e disturbo bipolare, che affliggono milioni di persone in tutto il mondo. Tuttavia uno studio condotto da un team della Johns Hopkins University potrebbe cambiare moltissimo le cose.
Schizofrenia e bipolarismo: diagnosi e farmaci
Attualmente la diagnosi per la schizofrenia o il disturbo bipolare è di tipo clinico. Dopo la diagnosi viene prescritta una terapia farmacologica basata su tentativi ed errori: per questa ragione ci possono volere alcuni mesi per l’individuazione del farmaco adatto a un determinato paziente e il suo dosaggio ideale.
Una delle ragioni per cui capita risiete del fatto che gli scienziati non hanno ancora compreso le cause molecolari di questa malattia. “La clozapina è il farmaco più comunemente prescritto per la schizofrenia, ma circa il 40% dei pazienti è resistente. Con i nostri organoidi, forse non dovremo più fare questo periodo di tentativi ed errori. Forse potremo somministrare loro il farmaco giusto prima di allora”, ha spiegato a ScienceDaily Annie Kathuria, una degli ingegneri biomedici della Johns Hopkins University che ha condotto lo studio in questione.
Lo studio della Johns Hopkins University
La ricerca, dal titolo Mini brains reveal clear brain signals of schizophrenia and bipolar disorder, ha coinvolto un gruppo di pazienti di 12 persone: alcuni erano sani, altri affetti da schizofrenia e altri ancora affetti da disturbo bipolare. Il campione è così piccolo perché le prospettive future sono innumerevoli, quindi questo rappresenta semplicemente un primo passo nella ricerca.
Questo primo passo è costituito da minuscoli cervelli coltivati in laboratorio - come appunto spiega il titolo della ricerca - ovvero organoidi cerebrali che sono versioni semplificate di veri cervelli umani. Questi organoidi sono grandi quanto un pisello e sono stati creati a partire da sangue e pelle umani, trasformati poi in cellule staminali.
Sugli organoidi è stata svolta un’analisi sull’attività elettrica, partendo dal presupposto che i neuroni comunicano tra loro attraverso alcuni segnali elettrici: sono state scoperte così caratteristiche specifiche dell’attivazione elettrica e dell’interruzione dell’attività neurale, e queste caratteristiche sono state identificate come biomarcatori. Il risultato: nell’83% dei casi veniva effettuata correttamente una correlazione sugli organoidi provenienti da staminali di pazienti con schizofrenia o disturbo bipolare. E l’accuratezza saliva al 92% quando gli organoidi ricevevano una stimolazione ad hoc.
“Almeno a livello molecolare, possiamo verificare cosa non va quando creiamo questi cervelli in vitro e distinguere tra organoidi di una persona sana, di un paziente schizofrenico o di un paziente bipolare in base a queste firme elettrofisiologiche. Monitoriamo i segnali elettrici prodotti dai neuroni durante lo sviluppo, confrontandoli con gli organoidi di pazienti senza questi disturbi mentali”, chiarisce ancora Kathuria.
Le nuove prospettive su schizofrenia e bipolarismo
Come detto, non solo la diagnosi di queste condizioni - schizofrenia e bipolarismo, appunto - non è sempre lineare, ma non lo è neppure il percorso farmacologico. Per questa ragione lo studio risulta potenzialmente importante per le prospettive in termini di qualità della vita per le persone che ne sono caratterizzate.
“La schizofrenia e il disturbo bipolare sono molto difficili da diagnosticare perché non si verifica alcuna disfunzione in una specifica area del cervello - conclude Kathuria - Non si verificano alterazioni enzimatiche specifiche come nel Parkinson, un’altra malattia neurologica che i medici possono diagnosticare e trattare in base ai livelli di dopamina, anche se non esiste ancora una cura adeguata.
La nostra speranza è che in futuro non solo potremo confermare la presenza di schizofrenia o disturbo bipolare in un paziente grazie agli organoidi cerebrali, ma potremo anche iniziare a testare farmaci sugli organoidi per scoprire quali concentrazioni di farmaci potrebbero aiutarlo a raggiungere uno stato di salute”.