
Del resto, non possiamo non dirci gentiliani. Noi, da destra, lo sappiamo e lo ripetiamo da tempo. La sinistra forse lo sapeva ma non voleva ammetterlo. Ora invece è uscita allo scoperto. È con una non piccola dose di soddisfazione che ieri abbiamo letto le due pagine che il quotidiano la Repubblica ha dedicato - a metà fra il panegirico e l'elogio sperticato - a Giovanni Gentile, il filosofo del fascismo. Il pezzo esce per il 150esimo anniversario della nascita, s'intitola Perché la cultura del nostro Paese è così gentiliana (senza punto di domanda) ed è firmato da Carlo Galli, esimio storico del pensiero politico. Colto, intellettualmente elegante, allievo di Nicola Matteucci con qualche vezzo conservatore di troppo, Carlo Galli è considerato progressista (almeno così se la racconta lui e forse qualcuno dentro Repubblica), in realtà è un liberale «reazionario» partito da Carl Schmitt e poi buttatosi a sinistra. Comunque. L'articolessa - che nella celebrazione di Gentile supera a destra il Corriere della sera, dove un paio di giorni fa sono comparse altre due belle pagine sul filosofo dell'Idealismo - è in qualche modo una elegante perifrasi, senza citarlo, del nuovo libro di Alessandro Campi Una esecuzione memorabile. Giovanni Gentile, il fascismo e la memoria della guerra civile (Le Lettere). Ed è soprattutto la presa d'atto, a sinistra, del fatto che Gentile non lo puoi liquidare come fascista e basta; cioè quello che fa Christian Raimo, con un livore che non rende giustizia alla sua professione di insegnante, nel lungo articolo uscito sul Post dal titolo Quanto fu fascista Giovanni Gentile? (col punto di domanda; ma la domanda è retorica).
Ora. Non sappiamo come il pezzo di Carlo Galli (ottimo) sia stato preso dentro Repubblica e dentro una certa sinistra che si alimenta solo di un antifascismo rancoroso. Però di certo va al sodo della vicenda: Gentile ha avuto una influenza spaventosamente grande su tutta la cultura italiana del Novecento. Nessuno vuole negare o minimizzare (caro Christian Raimo...) l'impegno militante di Gentile dentro il regime, fede che portò fino in fondo, pagandola come l'ha pagata. Ma non si può rimuovere la verità storica che il meglio della cultura italiana, da Piero Gobetti in avanti, sia stato gentiliano. E questo anche se Gentile fu fascista (ma completò il proprio percorso filosofico prima del fascismo...). Così come non si può dimenticare che tutto ciò che Gentile ha fatto per l'Italia, e non per il fascismo, dalla riforma della Scuola alla Treccani, è sopravvissuto, arrivando fino a oggi.
Ma forse è il momento di citare qualche passaggio dell'eulogia di Carlo Galli. Ecco un breve florilegio. «Il pensiero e l'insegnamento di Giovanni Gentile hanno avuto un'influenza enorme sulla filosofia italiana: di Gentile sono stati allievi alcuni dei più importanti pensatori italiani». «Di assoluto rilievo è stata la sua attività di organizzatore di cultura, che lo ha visto presiedere, dirigere (o fondare), oltre a parecchie riviste filosofiche, l'Enciclopedia Italiana, la Scuola Normale di Pisa, l'Accademia d'Italia...». «Sopra ogni altra cosa, va ricordata la sua riforma della scuola ... che nonostante molti cambiamenti intervenuti ha sviluppato i suoi effetti - quasi tutti positivi - per parecchi decenni». «Anche prima del fascismo il suo pensiero aveva suscitato fermenti ed entusiasmi in ambiti diversi: basti pensare all'interesse spasmodico con cui Gramsci e Togliatti, da giovani, leggevano i testi di Gentile». «In quest'ottica il fascismo è per lui la prosecuzione del Risorgimento, è la distruzione necessariamente violenta di ciò che di vecchio c'è nella società, nella politica, nella mentalità italiana, ed è anche l'edificazione di un ordine nuovo. Un ordine di vera libertà e di vera democrazia ...». «L'uccisione di Gentile a opera di partigiani nasce da qui: Gentile infatti teorizzò sempre, dal 1943 in poi, le ragioni della concordia (perfino più delle ragioni della vittoria), affermando l'unicità della nazione sopra le parti in lotta. E invece in quel momento la logica dell'Uno non poteva imporsi sulla logica del Due, del conflitto mortale». Ma soprattutto: «La sua opera di rinnovamento scientifico e di organizzazione culturale e didattica è un esempio di egemonia capace di sopravvivere a sé stessa, perché è stata a lungo patrimonio comune della nazione, nel segno, oggi non facilmente imitabile, del rigore scientifico e della libertà dello spirito».
Insomma, parafrasando il celebre luogo comune, «il fascismo ha fatto anche cose cattive».
A proposito: altro che una strada o una rotonda; a questo punto Giovanni Gentile si merita l'intitolazione di una città.
E per il resto, dalla lenzuolata di Repubblica - alla quale non escludiamo risponderà sulle stesse pagine qualche pezzo critico... - accogliamo un'altra riflessione interessante. L'articolo sembra anche parlare al governo.
Guardate - sta dicendo alla Meloni e ai suoi - come si costruisce realmente un'egemonia culturale: con un progetto unitario che coinvolga tutti, mentre voi siete ancora abbarbicati alle vostre piccole rivendicazioni...Morale (che ne traiamo noi): altro che gramscismo; serve un gentilianesimo di destra.