Roma - Dopo il lavoro del Senato, che ha radicalmente cambiato il testo del ddl di delega al Governo in materia di federalismo fiscale, nell’Aula della Camera è proseguito il lavoro di modifica, soprattutto con emendamenti dell’opposizione accolti da Governo e relatori. A Montecitorio, tra commissioni e Aula, viene infatti abolito il principio di territorialità dell’imposta, viene abolita l’aliquota riservata Irpef per le Regioni, cambia l’applicazione del ddl alle Autonomie speciali, vengono rafforzati i poteri della commissione Bicamerale sui decreti legislativi. Il risultato finale è un testo molto lontano da quello licenziato dal Consiglio dei Ministri, e ancora più lontano dal ’modello lombardò inserito da Pdl e Lega nel programma elettorale del 2008. Questi i principali contenuti del testo che sarà approvato da Montecitorio.
ABOLITO PRINCIPIO TERRITORIALITÀ
Un emendamento del Pd, accolto
dal Governo, fa cadere in Aula l’ultima bandiera della Lega
rimasta dopo l’esame in commissione. Viene eliminato il "principio di territorialità" come base per le modalità di
attribuzione alle regioni del gettito dei tributi regionali
istituiti con legge dello Stato e delle compartecipazioni ai
tributi erariali. Il nuovo principio di riferimento diventa
l’articolo 119 della Costituzione, secondo cui i Comuni, le
Province, le Città metropolitane e le Regioni dispongono di
compartecipazioni al gettito di tributi erariali "riferibile al
loro territorio".
PASSAGGIO DA SPESA STORICA A COSTO STANDARD
È la chiave di
volta dell’intera riforma. Per ogni servizio erogato dagli enti
territoriali, si individuerà un costo standard, cui tutti
dovranno uniformarsi durante un periodo transitorio di cinque
anni. Si eliminerà così il meccanismo perverso che finora,
facendo riferimento alla "spesa storica" premiava con maggiori
risorse gli enti che spendevano di più.
AUTONOMIA IMPOSITIVA
Per finanziare l’erogazione dei
servizi, le autonomie locali potranno contare sul fondo
perequativo, sulla compartecipazione a tributi erariali e su
tributi propri, superando il meccanismo dei trasferimenti. Grazie
ad una proposta del Pd, per i Comuni è previsto un mix di
compartecipazione a Iva e Irpef e l’imposizione sugli immobili,
ad esclusione della prima casa; le Province potranno contare su
una compartecipazione e sui tributi sul parco automobilistico.
VIA LA RISERVA D’ALIQUOTA IRPEF
Due emendamenti del Pd,
approvati nelle Commissioni della Camera secondo una
riformulazione proposta al Governo, aboliscono la riserva
d’aliquota Irpef per le Regioni e la sostituiscono, come fonte di
finanziamento per le funzioni essenziali, con compartecipazioni
ai tributi erariali e, "in via prioritaria", al gettito dell’Iva.
Modifica che fa esultare il Pd: "Abbiamo evitato la 'balcanizzazione' dell’Irpef, con 21 basi imponibili diverse a
seconda della Regione", salvaguardando così il principio di
progressività dell’imposta.
COMMISSIONE BICAMERALE SUI DECRETI ATTUATIVI
È stata inserita
nel testo durante l’esame del Senato, su proposta del Pd, che
alla Camera è riuscito a rafforzarne ulteriormente il ruolo. La
commissione è composta di 15 senatori e 15 deputati, e - grazie
ad un emendamento del Pd - il presidente viene nominato dai
presidenti di Camera e Senato. Le opposizioni non sono riuscite a
rendere vincolanti i pareri della Bicamerale sui decreti
legislativi, ma grazie ad un emendamento dei democratici avrà
poteri di indirizzo oltre che di controllo, visto che "formula
osservazioni e fornisce al Governo elementi di valutazione utili
alla predisposizione dei decreti legislativi".
LIMITE ALLA PRESSIONE FISCALE
L’obiettivo della riforma è quello
di arrivare a una complessiva diminuzione della pressione
fiscale. La norma prevede, quindi, che, attraverso i decreti
attuativi, "sia garantita la determinazione periodica del limite
massimo della pressione fiscale, nonchè del suo riparto tra i
vari livelli di governo". Anche nella fase transitoria, il
federalismo non deve comportare alcun aumento della pressione
fiscale generale. Inoltre un emendamento dei relatori, approvato
alla Camera, chiarisce che "dalla presente legge e da ciascuno
dei decreti legislativi non devono derivare nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica". Gli enti territoriali saranno poi
coinvolti nell’attività di contrasto dell’evasione fiscale.
REGIONI A STATUTO SPECIALE
Dopo un confronto tra il Governo e i
diretti interessati, una modifica della Camera stabilisce che le
autonomie speciali non devono concorrere al patto di convergenza
previsto dall’articolo 17, ma al "patto di stabilità interno".
Inoltre saranno tavoli di confronto tra il governo e ciascuna
Regione a statuto speciale ad individuare ’linee guida, indirizzi
e strumenti per assicurare il concorsò delle autonomie speciali "agli obiettivi di perequazione e di solidarietà e per valutare
la congruità delle attribuzioni finanziarie ulteriori intervenute
successivamente all’entrata in vigore degli statuti".
UNITÀ DELLA NAZIONE
Un emendamento del
Pd all’articolo 1, approvato alla Camera, garantisce i principi
di completamento dell’unità della nazione, con attenzione alle
aree in ritardo e ai principi di solidarietà e coesione sociale.
PREMI E SANZIONI PER ENTI VIRTUOSI E NON
Previste sanzioni, fino
al commissariamento, per gli enti che non rispetteranno i vincoli
di bilancio. Inserito un ’sistema premiantè per chi, a fronte di
un alto livello dei servizi, sia in grado di garantire una
pressione fiscale inferiore alla media.
ROMA CAPITALE
Si fissano le funzioni amministrative che spettano
al comune di Roma, oltre a quelle attualmente di sua competenza.
Si va dal "concorso" alla valorizzazione dei beni storici,
artistici, ambientali e fluviali, fino all’edilizia pubblica e
privata e alla protezione civile. A disciplinare con regolamenti
queste funzioni sarà l'Assemblea Capitolina, ovvero il vecchio
del consiglio comunale, nel rispetto dei vincoli comunitari
internazionali, della legislazione statale e regionale, e della
potestà legislativa delle regioni. A Roma Capitale viene
attribuito un patrimonio commisurato alle funzioni che le vengono
attribuite ed è previsto anche il "trasferimento, a titolo
gratuito, a Roma capitale dei beni appartenenti al patrimonio
dello Stato non più funzionali alle esigenze
dell’Amministrazione centrale". Con una modifica apportata alla
Camera, si prevede poi che per far partire l’iter servirà
l’accordo di Comune e Provincia. Non varrà per Roma infatti il
meccanismo che si applicherà nelle altre città metropolitane in
caso di disaccordo tra i due enti, con la possibilità di indire
referendum per superare l’ostilità di Comune o Provincia.
Emendamento politicamente molto importante, visto che a Roma il
Comune è guidato centrodestra e la provincia dal centrosinistra.
COMUNI, PROVINCE, E NOVE CITTÀ METROPOLITANE
Il ddl
inizia a definire le funzioni di Comuni, Province e città
metropolitane, in attesa della Carta delle Autonomie. In
particolare per le Città metropolitano ci sono norme transitorie
che riguardano Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze,
Bari, Napoli e - aggiunta alla Camera - Reggio Calabria. In
queste otto città potranno essere istituite le "Città
metropolitane", scelta che comporta la soppressione della
Provincia. Comunque necessario un referendum tra tutti i
cittadini dei comuni inclusi nell’area.
PATTO DI CONVERGENZA E ARMONIZZAZIONE DEI BILANCI
Su
proposta del Pd, il governo, dopo il confronto in Conferenza
Unificata, individua il "patto di convergenza", un percorso
dinamico di convergenza ai costi e fabbisogni standard, che verrà
presentato insieme al Dpef alle Camere e che gli enti sono tenuti
a rispettare. In caso di mancato raggiungimento lo Stato accerta
le motivazioni degli scostamenti e stabilisce le azioni
correttive da mettere in atto. Sempre su suggerimento dei
Democratici, si prevede un percorso di armonizzazione di tutti i
bilanci pubblici.
FONDO PEREQUATIVO COMUNI
È
un’altra proposta del Pd approvata in Commissione alla Camera: il
fondo perequativo per le funzioni essenziali dei Comuni, delle
Province e delle Città metropolitane sarà costituito con risorse
della fiscalità generale.
RISORSE PER IL SUD
Un emendamento del Pd approvata a
Montecitorio "salva" circa un miliardo e mezzo di euro per le
regioni a statuto ordinario del mezzogiorno. Le risorse del fondo
ex lege 549 del ’95, un miliardo e mezzo di euro appunto,
verranno escluse dai futuri fondi perequativi, rispetto ai quali
saranno aggiuntive.
ISTRUZIONE
Un "fronte meridionalista" bipartisan è riuscito a
sventare un blitz nelle commissioni di Montecitorio che aveva
trasferito alle Regioni l’intero comparto. Si ritorna invece al
testo originario, che lascia al territorio soltanto i servizi e
il diritto allo studio: "Abbiamo evitato 20 modelli scolastici
diversi - rivendica Francesco Boccia (Pd) che ha firmato il 'conroemendamento' - e soprattutto abbiamo impedito ad alcune
regioni del nord di mettere le mani su ulteriori risorse".
VERSO IL QUOZIENTE FAMILIARE
Almeno nell’interpretazione di
Roberto Calderoli.
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