C’è un’unica soluzione: promuovere Michele Santoro direttore generale della Rai e declassare Mauro Masi a conduttore. È l’uovo di Colombo, del tenente Colombo. Quanto ci vuole a capire che, per ristabilire la democrazia, la libertà di parola, l’obiettività, i due sono collocati nel posto sbagliato? Tanto, in sostanza, non cambierebbe niente, l’uno continuerebbe a dirigere, ma da direttore, l’altro a essere un dipendente del servizio pubblico, ma da conduttore, solo che l’uno non avrebbe potere e l’altro potrebbe condurre con tutti i bicchieri e le posate e le tovaglie e i posti a tavola che desidera e nessuno parlerebbe più di censura. Così Masi, anziché essere sempre preso a calci nel sedere, potrebbe avere una trasmissione in prima serata, chiamata Announo, e Santoro tenterebbe invano di avere un minimo di supervisione sulla pericolosa imparzialità masiana, e Masi gli risponderebbe in diretta da Announo: «Santoro, io faccio quello che mi pare, tu sei solo il direttore generale, ma vai a quel paese».
E se Santoro insistesse, Masi, non più direttore generale, potrebbe aggiungere: «Siamo giunti alla resa dei conti, uno dei due se ne deve andare, o te o io», e Santoro, in quanto direttore generale, tremerebbe di paura, perché sarebbe ovvio chi dei due se ne deve andare. Come di solito accade in ogni ufficio pubblico, credo: ci sono i dipendenti, e ci sono i direttori che si prendono tanti insulti, solo nei film di Fantozzi. I direttori comandano e i dipendenti li rispettano, o almeno fingono di ascoltarli, o almeno ci discutono, provano a parlarci. Nella realtà, invece, ci sono le gerarchie da rispettare, insomma ti chiami direttore, direttore generale, vuoi pure dirigere? Vuoi mettere becco? Vuoi aggiungere un bicchiere? Come ti permetti? Un bicchiere a me? Sei un dittatore, taci. Invece se promuovessimo Santoro direttore generale, quale tribunale potrebbe obiettare «Eh no, lo avete penalizzato, lo avete nominato direttore generale»?
Nominalmente nessuno potrebbe dire niente, e allora perfino a Minzolini si potrebbe affidare una bella trasmissione di approfondimento su Raitre, chiamandola con un nome gioioso e significativo e coniugato correttamente, per esempio Ballerò, dove lui potrebbe dire quello che pensa senza essere attaccato a ogni parola in quanto sporco filogovernativo nella Rai berlusconiana, antigovernativa. Qualcuno obietterà che forse Masi e Minzolini non sarebbero bravi quanto Santoro a fare audience? Cosa, non ho sentito bene, l’audience? L’audience è un concetto berlusconiano, da mercato, da libero mercato, da tv commerciale, a noi il mercato ci fa vomitare, noi vogliamo informazione, un’informazione istituzionale, seria, bilanciata, non di parte. La Rai ha il canone, il canone lo pagano gli abbonati, gli abbonati sono elettori, le trasmissioni con Santoro direttore generale rifletteranno proporzionalmente l’elettorato e non più chi perde le elezioni, si torna all’epoca preberlusconiana.
Non la pensiamo certo come la direttrice de Il Manifesto, Norma Rangeri, che dichiara «i conduttori in Rai sono tutti di sinistra perché fanno più ascolto», no, la Rai mica è Mediaset, mica è un’azienda commerciale, la Rai è servizio pubblico. Non pretendo debba essere filogovernativa, ci mancherebbe, non come è sempre stata la Rai prima di Berlusconi, quando ogni governo nominava i propri direttori per avere il controllo delle reti. Infatti non ricordo una trasmissione che processasse sommariamente in prima serata Andreotti, Forlani, De Mita, durante i governi Andreotti, Forlani o De Mita, neppure nei cosiddetti «Programmi dell’Accesso», anzi la Rai è sempre stata lottizzata, vale a dire prima di Berlusconi era una torta spartita tra i partiti, una rete alla Dc, un’altra al Psi, un’altra al Pci, a seconda di chi vinceva le elezioni.
Ve lo immaginate Minoli insultare Bettino Craxi anziché intervistarlo a Mixer, con il rispetto dovuto da un dipendente Rai verso il presidente del Consiglio? Basta confrontare un’inchiesta di Annozero con una delle tante inchieste di Enzo Biagi a Linea diretta, che all’epoca sembravano scapestrate. Invece, con Santoro elevato al ruolo di direttore generale avremmo: una puntata contro Berlusconi, una contro Bersani, una contro Di Pietro, una contro Fini, a rotazione, fine della Bar condicio, ritorno alla vecchia par condicio. Nessun problema, Travaglio lavorerebbe lo stesso, Masi lo chiamerebbe lo stesso a Announo, ma avremmo il monologo di Travaglio contro il monologo di Belpietro, due bicchieri con una fava. Mentre da quando c’è Berlusconi è tutto uno sfascio e si parla solo di Berlusconi a senso unico, perché ci sono i conduttori omologati, monodirezionali, su ogni canale.
Ecco perché la prima puntata della trasmissione di Fazio e Saviano sarà dedicata alle proprietà di Berlusconi, argomento fondamentale, un imprenditore miliardario con delle proprietà miliardarie, uno scandalo. Mi pare se ne siano occupati spesso anche la Gabanelli, e Floris, e chiunque, perché c’è la censura, e secondo me ha ragione Saviano che la colpa, oltre che di Berlusconi, è del capitalismo, per questo Saviano pretende 80mila euro a puntata, da anticapitalista, e sicuramente li devolverà alle vittime della mafia, non ci comprerà certo un appartamento, se ne sarà comprati già dieci con i soldi incassati dalla Mondadori e li avrà regalati sicuramente alle vittime della mafia, perché essere eroi e anticapitalisti ha un prezzo.
In conclusione, a pensarci, promuovere Santoro non basta, bisogna nominare anche Saviano direttore generale, e Fabio Fazio direttore generale, e Milena Gabanelli direttore generale, e Serena Dandini direttore generale, e anche Giovanni Floris direttore generale, e anche Roberto Benigni direttore generale, e chi più ne ha più ne metta, c’è posto per tutti e tanto sono tutti uguali, intercambiabili, bisogna metterli tutti ai vertici, tutti al confino, al settimo piano di Viale Mazzini, bisogna dargli il controllo generale, il comando generale, tutti direttori generali, perché solo così non conteranno più un cavolo, finalmente.
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