Per Ferrè la sfilata della salvezza davanti ai commissari di governo

La maison coinvolta nel fallimento di It Holding al rilancio. In platea i manager inviati a traghettarla fuori dalle difficoltà

Per Ferrè la sfilata della salvezza 
davanti ai commissari di governo

di Lucia Serlenga

Milano -
In attesa della sfilata Gianfranco Ferré, ieri, tutti si guardavano con un fare interrogativo: ci sarà Tonino Perna, il patron della IT Holding recentemente commissariata cui appartiene la griffe? No, non è arrivato. In compenso, sulle panche erano schierati i tre commissari voluti dal Governo per portare l'azienda fuori dal guado: Roberto Spada, Andrea Ciccoli e Stanislao Chimenti. «La legge Marzano congela il passato e consente di andare avanti - ha dichiarato Ciccoli - e dato che la moda ha ritmi veloci abbiamo agito in fretta: 2 giorni per nominarci, 8 ore per accettare e 10 giorni per ottenere i soldi». Quanto fosse alta la tensione lo ha rivelato il pianto di Tommaso Aquilano, lo stilista che con Roberto Rimondi, disegna la collezione.

«Sono commosso e felice perché ancora una volta siamo riusciti a far emergere lo stile Ferré». Ben detto soprattutto per la seconda parte del défilé dove un sapiente lavoro si è potuto ammirare nelle camicie immacolate e nei preziosi top indossati su pantaloni filiformi. Da oggi però tutti sono impegnati a riconquistare la fiducia di un mercato attonito. «A me hanno consegnato tutto e in tempo - commentava Ennio Capasa che con Ittierre realizza la linea C'N'C' giunta in pochi anni a 60 milioni di euro di fatturato - rinnovo la fiducia all'azienda perché al suo interno vi sono risorse umane irripetibili», dichiarava prima di mandare in passerella una collezione moderna punteggiata dalla ricerca di nuove soluzioni hi-tech come le paillette fuse nel tessuto. In una situazione così difficile non possiamo dimenticare che la fortuna della moda italiana è stata sin dagli albori un'intesa perfetta fra il creativo e il manager e citare, fra i pionieri, Sergio Galeotti, braccio destro di Armani, Santo Versace, spalla economica di Gianni e Franco Mattioli storico socio di Ferré.

«A un sistema completamente cambiato debbono corrispondere dirigenti diversi da quelli di allora, capaci di gestire aziende strutturate», ha sottolineato Rita Airaghi, cugina e braccio destro dell'architetto Ferré. «Abbiamo sempre fatto molta attenzione alla scelta dei nostri manager perché non son pochi gli improvvisati», sottolineano Domenico Dolce e Stefano Gabbana che da tempo hanno riportato in casa la licenza D&G in concessione a Ittierre. Secondo Giorgio Armani la finanza deve essere tutto fuorché creativa perché una cosa è discutere di vestiti, una di numeri. «In Italia sono pochissimi gli stilisti imprenditori, talenti che raramente coincidono. In questo momento credo che i conti siano importanti tanto quanto la creatività ma non bisogna confonderli. E soprattutto non bisogna avere debiti», sostiene Ermanno Daelli che con il socio Tony Scervino ha creato nove anni fa, dopo aver superato problemi con altri soci, la fortunata griffe Ermanno Scervino portandola a un fatturato di 88 milioni di euro.

Il risultato del feeling totale fra stilismo e managerialità s'è visto anche ieri perché Scervino ha proposto per il prossimo inverno sogni realizzabili come lo smoking-piumino in organza imbottita, la pelliccia in piumino di visone, i bellissimi cardigan tricottati a mano e illuminati di paillettes.

«Nella moda ci vuole flessibilità e sensibilità» ha spiegato Giulio Guasco, 46 anni, ex Ralph Lauren e da settembre direttore generale del marchio Fay di Della Valle. Bisogna capire marchi e prodotti perché la gestione non è mettere insieme dei numeri ma avere una visione e riuscire ad allineare, su questa, tutta l'organizzazione.

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