Ferrari e i cento camogliesi

Ferrari e i cento camogliesi

La marchesa Adelia De Ferrari, proprietaria del Cenobio dei Dogi, è stata il primo datore di lavoro di Silvio Ferrari, cui «ordina» (1966) di dar lezioni al nipote: «La conosco, non le chiedo che d'insegnargli l'educazione e qualche valore come la serietà dell'impegno quotidiano, non solo nello studio». Diede così credito al giovane segretario della sezione del Pci di Camogli. E ricordandola ora in «Cento Camogliesi - microstorie del XX Secolo» (Ancora) Ferrari ammette di aver avuto da lei un contributo a sbarazzarsi di pregiudizi ideologici sulle «ritorsioni» verso chi sta dall'altra parte.
Un altro contributo lo ebbe da Paolo Arata (un piccolo impresario detto Gambino), quando gli raccontò come Riccobaldi, padrone del retificio di Camogli, avesse incominciato «a menargliela sulle idee comuniste» e Arata avesse chiamato i due muratori con lui per andarsene. Riccobaldi lo rincorse con un «stavo scherzando». Un altro esempio, «dall'altra parte», di rispetto per le idee.
Nel libro, ai ritratti di 99 camogliesi che riposano «a Genovesi», il cimitero che prende il nome dalla spiaggia sottostante, si affianca quello di Ferrari stesso. Il lettore è contento di questa sintesi di opere e studi dell'autore che - con rigore e serietà - ha contribuito alla vita pubblica di Camogli e Genova. Nell'augurargli lunga vita, il lettore apprezza l'estendersi dell'umanità che cresce con gli anni.
Tra i flash autobiografici alcuni sono dedicati alla famiglia Ferrari che contò in 500 anni di storia di Camogli, alcuni dedicati a suo padre, Bai Ferrari, fulminato da una meningite a Città Sant'Angelo (in provincia di Pescara) dove era in visita al cognato, internato civile in un campo per antifasciti croati.
Bai Ferrari, che il figlio nato a Zara nel '42 quando questi era già morto, definisce una «simpatica leggera», era andato in Dalmazia per dare una svolta alla sua vita e là in pochi mesi si era fidanzato e aveva sposato nel 1941 Milka Raduli. Silvio definisce la madre «negazione di ogni stravaganza, di ogni trasporto, di ogni trasgressione erotica o anche solo sentimentale», quindi non si capacita della scintilla che scoccò tra lei e l'estroverso padre. Penserebbe diversamente se avesse letto parole di Guido Miglia sulle donne slave di allora (in Istria i sentieri della memoria, raccolta di suoi elzeviri sul Piccolo, 1970): «Donne che non si riposano mai, preparano tavola per gli altri e stanno in piedi, in silenzio, pronte al servizio...» Deve dar atto al padre di vista lunga su una compagna di carattere, che nel '48 optò per l'Italia e Camogli per allevarvi lui bambino e dove per sostentarsi si adattò a fare la domestica. La ricorda quando una volta l'anno tornava da una visita nella sua terra, carica per gli amici di olio, fichi secchi, mandorle, sardine, tonno in scatola.
Nel libro si sente anche vibrare la passione di Ferrari per quella terra dell'infanzia, quando ricorda slavi divenuti camogliesi come Vittorio Favretto (Pocekaj) o ricorda luoghi incantati come Umago. Ferrari ha tradotto scrittori e poeti serbi, croati, bosniaci. Dopo essersi laureato in lettere mantenendosi agli studi con supplenze al Nautico di Camogli, dal ’99 al 2006 è stato docente di lingue e letteratura della ex Jugoslavia all'Università e da assessore alla cultura quando gli capitò di far rappresentare una sua pièce, l'ingresso era gratuito a differenza di altri che profittarono della fama politica.
Tra i camogliesi da lui ricordati: Ferrando Caffarena, nella cui casa andava a vedere la tv, che definisce con affetto «uno scampolo» d'immagine paterna. Cresciuto con la fede nel Pci ricorda avversari o compagni politici, soprattutto la responsabilità sociale, in quanto segretario, verso i vecchi del partito, ormai isolati. Grazie ad Eraldo Olivari (sepolto a Ruta) ha conosciuto il fiore dell'antifascimo europeo: Teodorakis, la Mercuri, Panagulis protagonista di «Un Uomo» di Oriana Fallaci che un giorno le telefona felice e scherzoso per essere eletto e quindi poter realizzare «idee che sono più potenti delle bombe»: «Sono deputato, sono disonorevole».
Ferrari ci commuove con la storia di «Tino» Viacava dai piedi congelati nella campagna di Russia che non poggiava più a dovere, di Ruggero Chiesa risanato dal dono paterno di una chitarra, e -con orgoglio- di Gianni Maggio, decano dei tassisti, quando gli disse «mia madre vota per te!»
Ci riferisce un lapsus del Rettore del Santuario del Boschetto quando voleva dire «pregate per la conservazione» dell'Arcivescovo e gli scappò un «per la conversione» alla presenza di Siri.


C'era chi avrebbe voluto che Siri abdicasse alla sua austerità di fede, idee e personale. Nell'82 gli chiesi se di ciò che gli attribuivano sentisse più suo il rigore o la paternità. Con un sorriso lieve mi rispose: «È irrilevante, so solo che ho una faccia sola, mai due».

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