Fiat, Marchionne alle prese con le «spine» di Pomigliano

da Milano

A Pomigliano d’Arco, lo stabilimento campano del gruppo Fiat finora destinato alla produzione delle Alfa Romeo, è tempo di riflessione. La possibilità sempre più concreta che l’erede della 147 venga prodotta a Cassino insieme con Bravo e Lancia Delta Hpe (in pratica i modelli del segmento C) apre di fatto un preoccupante vuoto. Anche se l’amministratore delegato Sergio Marchionne ha specificato che «non ci saranno impatti negativi sull’occupazione», tenendo fede all’affermazione più volte ribadita che «non sono programmate chiusure di fabbriche in Italia», i sindacati hanno alzato le antenne.
La strategia industriale varata da Marchionne non prevede che marche e impianti viaggino a braccetto. Al Lingotto, infatti, si ragiona in termini di piattaforme con il chiaro intento di aumentare l’efficienza e ridurre i costi. Di fatto, il vuoto lasciato dalla futura 149 potrebbe essere colmato dalla nuova 159 e da altri modelli del segmento D (medio-alto). Qualcosa, per evitare, eventuali ridimensionamenti dovrà essere fatto.
«Il 15 ottobre - spiega al Giornale Giovanni Sgambati, segretario campano della Uilm - in agenda c’è un incontro a livello locale con la Fiat, mentre i primi giorni di novembre è in programma un vertice nazionale per fare il punto della situazione. Al centro del confronto, per quanto ci riguarda, ci sono le future allocazioni a Pomigliano. Vogliamo dimostrare alla Fiat che questa fabbrica può concorrere fattivamente al raggiungimento degli obiettivi produttivi del gruppo. Se ci sarà un autunno caldo dipenderà dalle assicurazioni che verranno date. Vero è che devono essere fatti importanti investimenti per l’adeguamento dei macchinari. Quello della lastratura è un problema annoso, ma bisogna anche ringiovanire il personale». In più occasioni Marchionne non ha fatto mistero di ritenere Pomigliano un problema più serio rispetto a Termini Imerese, il sito alle porte di Palermo per il cui rilancio sono necessari investimenti e interventi sulle infrastrutture.
Il gap competitivo rispetto agli altri impianti di cui soffre la fabbrica napoletana, la piena assimilazione dell’organizzazione del lavoro basata sui principi del world class manufacturing (più qualità e produttività), la piaga dell’assenteismo e le infiltrazioni di Potere operaio tra le maestranze: i problemi di cui soffre Pomigliano non sono pochi, «anche perché - sostiene una fonte - in passato sono stati commessi molti errori, come quello di aver destinato per questa fabbrica un direttore sudamericano (il brasiliano Marco Antonio Teixeira, ndr)», a digiuno di tutte le difficoltà che un territorio come quello napoletano può presentare. «In quel contesto - aggiunge la fonte - è fondamentale il modo con cui la realtà produttiva si integra con il territorio e come ci si rapporta con la forza lavoro».
Il biglietto da visita di Teixeira ai 5mila dipendenti era stata una lettera con cui invitava tutti «a cambiare registro, pena il taglio delle nuove produzioni».

Il sudamericano è stato in seguito sostituito da Sebastiamo Garofalo, uomo di grande esperienza di Fiat Auto. A Pomigliano lavorano 5mila persone, vengono prodotte ogni giorno 700 unità tra Alfa 147, Gt e 159. L’indotto dà lavoro a 3mila addetti.

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